DI PIETRO: “BISOGNA AFFRONTARE LA QUESTIONE MORALE” (di Giuseppe Fortuna e Sebastiano Gulisano)

sabato 15 marzo 2003

"In Parlamento siedono 62 persone che ho conosciuto durante le inchieste di Mani pulite, di entrambi gli schieramenti, alcuni condannati con sentenze definitive". Antonio Di Pietro leader e fondatore dell'Italia dei Valori, nelle cui liste è stato eletto al Parlamento europeo, protagonista del pool di Milano che ha svelato il sistema della corruzione nel nostro Paese, continua a battere sul tasto della questione morale: "Un fatto prepolitico, che vuole ricondurre la politica al suo ruolo di servizio e non all'occupazione del potere". Per fare ciò si pone, col suo partito, come "naturale interlocutore delle forze dell'ordine". Politicamente non si schiera - "siamo un movimento indipendente, ma siamo alternativi all'homo berlusconianus" - ma pensa ad alleanze col centrosinistra "sui programmi".

Onorevole Di Pietro, alle ultime elezioni politiche diversi esponenti delle forze dell'ordine e della Gdf sono stati candidati nelle liste dell'Italia dei Valori. Come mai?

L'Italia dei Valori intende stare nelle competizioni elettorali e nella politica italiana in modo autonomo, si rivolge ai cittadini, indipendentemente dalle ideologie politiche, ponendo l'accento sul rilancio della questione morale, in modo che gli italiani possano essere giudici della classe politica. Il nostro movimento, nelle forze dell'ordine trova la sua naturale collocazione e per le forze dell'ordine può essere il naturale interlocutore per le prossime elezioni. Le forze dell'ordine sono al servizio di tutti, si occupano della tutela dei diritti: il nostro primo obiettivo politico. L'Italia dei Valori vuole essere anche uno strumento affinché gli appartenenti alle forze dell'ordine siano partecipi e protagonisti; la folta presenza nelle nostre liste elettorali è dovuta all'avere messo a loro disposizione un simbolo di partito affinché essi stessi possano proporsi in quei posti in cui vorrebbero e potrebbero contribuire.

Ci sono già altri partiti che guardano alle forze dell'ordine: An ha diversi parlamentari che provengono quasi tutti dai vertici militari. E anche il centrosinistra ha fatto eleggere onorevole il generale Angioni. In cosa si differenzia l'Italia dei valori?

Queste sono candidature che avvantaggiano chi le propone, servono ai partiti per darsi dignità. Noi abbiamo candidati di tutte le categorie e livelli, candidature di servizio per dare voce alla base.

In Parlamento ci sono diverse proposte di riforma della legge 382, che ormai ha 24 anni. Si confrontano due concezioni contrapposte: una vuole riportare il mondo militare alla situazione precedente alla legge del 1978; l’altra vorrebbe più democrazia interna come accade nella maggior parte degli stati europei. E voi?

Io l'ho vissuta sulla mia pelle, da poliziotto.

Quando la Polizia era militare?

Nel periodo a cavallo: sono entrato da militare, sono uscito da civile. Ma l'ho vissuto anche da magistrato, attraverso i rapporti quotidiani con gli investigatori. Oggi, formalmente, la difesa dei diritti c'è, ma sotto l'aspetto sostanziale non è così. Avere le stellette comporta sudditanza nei confronti dei superiori. E' diminuito l'esercizio dei diritti e i comportamenti prevaricanti dei superiori non sono sanzionati. Su questi temi c'è un ampio dibattito nell’Unione, è nato un codice dei diritti militari; il Parlamento europeo sta cercando di individuare parametri unificanti di riferimento.

Onorevole, la vostra equidistanza politica, in un sistema bipolare, non rischia di essere sterile?

E' stato il congresso Rimini a sancire questa impostazione di indipendenza e di autonomia. Lo abbiamo fatto per caratterizzare la nostra identità in prospettiva di un ritorno al proporzionale. Noi partiamo dalla questione morale, fatto prepolitico, dove la politica è servizio e non strumento di potere. Per questa ragione, l'Italia dei Valori è politicamente, culturalmente, geneticamente alternativa non all'uomo di destra ma all'homo berlusconianus, che in questo momento sta usando la destra per realizzare i suoi interessi. Con la nostra indipendenza siamo in grado di accogliere elettori da tutte le parti politiche. Per questo motivo, alle elezioni europee, dove si vota col proporzionale, andremo da soli. Anche per misurare la nostra forza elettorale. Quando si vota con il maggioritario, visto che c'è la necessità di stare nella coalizione ci collochiamo sul programma del centrosinistra. Ma non faremo una federazione politica con l'Ulivo, solo accordi di programma con centrosinistra, perché la legge elettorale impone una scelta.

Lo scandalo delle tangenti Inail di Potenza è una riproposizione di ciò che avete scoperto con Mani Pulite o nasce da logiche diverse?

Niente di nuovo sotto il sole. L'ambientalità del fenomeno è dello stesso tipo. Ma Mani Pulite, in fondo, non ha fatto che riportare all'attenzione di tutti quanto già era emerso, dieci anni prima, un fenomeno rivelato dal caso Zampini o dal caso Teardo. Ci dobbiamo chiedere: "Perché non cambia mai niente?" Non sono cambiate né le regole né le persone. Tangentopoli non l'hanno inventata i magistrati, però sono i magistrati ad essere stati combattuti, non coloro che hanno commesso i crimini. Nel tentativo malsano di trasformare un singulto di legalità in una guerra civile si è fatto credere ai cittadini che si è trattato di una guerra fra bande, non di una guerra per la legalità. Bisognava fare delle regole affinché chi si è macchiato di reati non potesse più stare nella pubblica amministrazione. Chi è stato condannato non può essere eletto. Chi è stato rinviato a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione non può governare. Invece, centrosinistra e centrodestra non hanno mai voluto accettare quella regola.  Sarebbe stato un segnale di discontinuità, i cittadini avrebbero capito che se commettevano reati sarebbero stati puniti. Oggi in Parlamento ci stanno 62 persone che ho conosciuto con Mani Pulite, alcuni con sentenze passate in giudicato. Se queste regole fossero state introdotte oggi non potremmo avere Berlusconi come presidente del Consiglio. E si potevano fare i processi. Questo signore invece è andato lì, s'è fatto le leggi per conto suo e i processi non si possono fare più. Non so se è peggio Erode-Berlusconi o Ponzio Pilato-Ulivo. Fatto sta che le leggi non si sono fatte e il bambino-giustizia è morto. A Potenza hanno ripreso a fare quello che si faceva, perché le possibilità di controllo sono diminuite. I fatti presupposti ci sono ma si rischia di non poterlo dimostrare e loro passeranno per poveri cristi perseguitati. E' inaccettabile che una cosa fisiologica (la richiesta d'arresto) venga spacciata per patologia.

Anche nel caso di Potenza ci sono stati attacchi ai magistrati che indagavano.

Si attacca sul piano personale. Francesco Cossiga ha detto al capo dello Stato: se non intervieni potrei parlare del tuo ruolo in Telekom-Serbia. Un ex Presidente se ha elementi devi dirli, non puoi usarli così. Io ho subiti 27 processi per avere fatto Mani pulite. Ormai il concetto di "chi me lo fa fare" sta ripigliando il sopravvento nelle forze dell'ordine e nella magistratura. Esempio. Il giudice che dopo tutte queste lotte per i diritti se ne esce fuori col provvedimento nei confronti del maresciallo Tomba, che a 34-35 anni, che per una "gioiosa fanciullezza" non capisce che se guadagna 10 miliardi deve pagare le tasse allo Stato a me pare che quel giudice abbia quanto meno filosofeggiato, forse s'è adattato. Quando la Corte di Cassazione si riunisce a sezioni unite per mandare un messaggio alla Corte Costituzionale in cui dice "aiutami ad aiutarli" a me è sembrata una situazione pilatesca, sta tornando l'adattamento verso il potente.

Non è che in passato c'è stata una caccia al  “colletto bianco"?

Quelli dei "colletti bianchi" sono circa il 2 per cento reati perseguiti. La differenza è che i colletti bianchi fanno notizia. Nel pool di Milano eravamo quattro pm su 56 ad occuparci di "colletti bianchi". Se vuoi avere una società eticamente corretta il "colletto bianco" deve dare l'esempio. Qui invece vogliono tolleranza zero verso chi ruba una mela per fame e tolleranza ampia nei confronti dei potenti. Oggi il sistema criminale convive all'interno delle istituzioni, non è più contro le istituzioni: si fa i provvedimenti, si fa le leggi, si fa i favori. Esprimo la mia amara solidarietà ai magistrati di Potenza, perché penso che l'inchiesta è destinata a ridimensionarsi: bene che gli va, gli cambieranno le regole sulle intercettazioni telefoniche e non potranno dimostrare l'associazione a delinquere.

Si parla tanto di "legittimo sospetto"?

 

L'obiettivo è lo stesso: lo pseudo garantismo è strumentale all'impunità.  La garanzia di legalità la si ottiene attraverso un processo giusto, invece certe regole sono per garanzia di impunità per i potenti: falso in bilancio, rogatorie, rientro dei capitali dall'estero, riforma della bancarotta fraudolenta... Nella scorsa legislatura non è stata fatta, e non si fa nemmeno in questa, una legge sulla tutela legale dei meno abbienti, nemmeno una ristrutturazione del processo penale per abbreviare i tempi dei processi. Per loro vale l'impunità, per il magistrato non l'indizio ma il sospetto. Principio genericissimo. Io ho il legittimo sospetto che sono miei nemici tutti quelli con la barba. Non può funzionare così.

 


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