PRESENTATO DALL’ONOREVOLE ANTONIO SERENA (A.N.) UN PROGETTO DI LEGGE PER LA COSTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA SULLA GUARDIA DI FINANZA

venerdì 24 gennaio 2003

L’onorevole Antonio SERENA, deputato di Alleanza Nazionale, ha presentato un progetto di legge per l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla Guardia di finanza, allo scopo di verificare la rispondenza delle attività svolte dal Corpo rispetto ai suoi compiti istituzionali.

Riportiamo di seguito il testo del documento completo della relazione nella quale si espongono le motivazioni della proposta.

  

XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 3049 PRESENTATO

 RELAZIONE

 Onorevoli Colleghi! –

Negli ultimi anni la Guardia di finanza è spesso balzata all'onore della cronaca per motivi che, purtroppo, non le danno particolare lustro. E', infatti, con frequenza crescente che gli organi di informazione riportano episodi di cronaca giudiziaria che vedono negativamente coinvolti alti ufficiali che rivestono ruoli di primissimo piano, all'interno del Corpo.

Questi avvenimenti ripropongono in modo perentorio l'esigenza di avviare una seria ed approfondita discussione che consenta di fare chiarezza sulla storia recente della Guardia di finanza e, quindi, di fugare ogni ombra che possa offuscare le attività presenti e future di questo importante Corpo che, mai come adesso, ha la necessità di riacquistare l'originaria credibilità e dignità per tornare a svolgere gli importanti compiti istituzionali che gli sono stati affidati, in modo sereno ed inappuntabile.
Un chiarimento è quanto mai necessario, poichè l'opinione pubblica, con crescente e giustificata preoccupazione, si interroga su quella che, allo stato attuale, può essere l'effettiva affidabilità della Guardia di finanza in riferimento non solo ai suoi compiti istituzionali, ma anche e soprattutto rispetto alle regole di trasparenza e di democrazia che dovrebbero essere proprie di un Paese avanzato, quale l'Italia sostiene di essere.

Il senso di disagio che pervade la pubblica opinione è, purtroppo, alimentato anche dal modesto sforzo di fare chiarezza da parte dei vertici del Corpo. A questo riguardo, non si può, infatti, dimenticare che, tanto la Commissione di inchiesta interna, istituita nel luglio 1994, quanto l'iniziativa, da parte del Comando generale, di mettere a punto un "codice deontologico" non hanno sortito effetto alcuno.

Vi è, dunque, la sensazione che le iniziative assunte, fino ad oggi, dalle istituzioni, nonchè dalla stessa Guardia di finanza per cercare di superare la difficile situazione in cui il Corpo è precipitato, siano da considerare più come operazioni di facciata, che non come una decisa ed auspicabile inversione di rotta.

In questo quadro, è, dunque, legittimo chiedersi se la Guardia di finanza può ancora essere considerata in grado di assicurare l'assolvimento dei suoi compiti primari che, giova ricordarlo, dovrebbero essere prioritariamente quelli di un corpo di polizia tributaria.

In questi ultimi anni, anche volendo prescindere dai gravi scandali che l'hanno travolta, la Guardia di finanza ha concentrato una parte importante delle proprie attività nello svolgimento di indagini riguardanti temi che sono risultati di particolare rilevanza nell'ambito di inchieste il cui significato è apparso poco chiaro ai più, anche perchè, in molti casi, dette inchieste sono state parte integrante di vicende che, alla prova dei fatti, non hanno prodotto altro risultato che quello di alimentare la vera e propria "guerra per bande" che da anni caratterizza il panorama politico nazionale.

Lo sviluppo delle suddette attività investigative non ha trovato riscontro in un eguale incremento di quelle che dovrebbero essere le principali attività della Guardia di finanza. Si pensi, a questo proposito, alla modestia dei risultati ottenuti nel campo della lotta all'evasione fiscale che è, ormai, solo ed esclusivamente sostenuta attraverso una vera e propria "caccia all'errore formale" commesso dai piccoli e medi imprenditori delle regioni del Nord; mentre l'intero Mezzogiorno d'Italia vive nella totale illegalità, con oltre tre milioni di lavoratori in nero che corrispondono ad altrettanti evasori totali, senza contare tutto ciò che, sempre in termini di evasione fiscale, ruota attorno alle diverse forme di malavita organizzata.

L'aspro contrasto della situazione testé illustrata trova la sua più efficace rappresentazione nell'atteggiamento della Guardia di finanza rispetto alle diverse realtà economiche e produttive presenti nel Paese: da un lato si assiste alla militarizzazione del territorio delle regioni del Nord dove i piccoli e medi imprenditori sono sistematicamente perseguitati - e in alcuni casi taglieggiati - da un vero e proprio esercito di cacciatori di evasioni formali, dall'altro lato si assiste al più totale lassismo messo in atto dalla stessa Guardia di finanza nelle regioni del Sud, dove imperversa ogni forma di illegalità, dove vi è una enorme evasione sostanziale (e non formale) e dove, per contro, il sistema di controlli territoriali operati dalla stessa Guardia di finanza è pressoché nullo rispetto a quello messo in atto nelle regioni settentrionali.

Quanto fin qui illustrato appare ancor più grave se si considera che, negli ultimi anni, la Guardia di finanza ha beneficiato sia di continui aumenti di organico, sia di nuovi e specifici strumenti normativi varati dal Parlamento al fine di dare maggiore impulso ed efficacia alle azioni di contrasto dei reati economico-finanziari commessi dalla malavita organizzata. In questo senso, lo sforzo è stato talmente significativo che, alla Guardia di finanza, è stata concessa la facoltà di istituire due organismi: il gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata (GICO) e il servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (SCICO). Ciononostante i risultati conseguiti nel contrasto agli illeciti commessi dalla criminalità organizzata non possono che essere considerati molto modesti; mentre si deve, per contro, rilevare che i due suddetti comandi si sono distinti, soprattutto, nello svolgimento di attività investigative, i cui riscontri hanno finito per essere strumentalmente utilizzati nel quadro di vicende politiche dai contorni tanto oscuri quanto inquietanti.

Giova, comunque, sottolineare che i vertici della Guardia di finanza non possono essere considerati i soli responsabili delle attività investigative del Corpo. Non si può, infatti, non considerare che lo svolgimento di dette attività investigative è stato delegato alla Guardia di finanza dalla magistratura la quale ha significativamente contribuito ad allontanare il Corpo dai suoi compiti istituzionali. Tuttavia, considerati i tempi dell'azione giudiziaria, che assai raramente riesce a portare a compimento i propri lavori, le attività investigative della Guardia di finanza, più che divenire elementi a sostegno di sentenze definitive, sono divenute preziose "riserve di informazioni" su cui lo stesso Corpo ha potuto contare per costruirsi, nel tempo, un significativo potere nei confronti dell'intera classe dirigente italiana. Una situazione, questa, che ha contribuito a calare i vertici della Guardia di finanza nella scellerata logica della "guerra per bande" cui si è fatto riferimento in precedenza e che ha pericolosamente allontanato il Corpo dal proprio ruolo di garante degli interessi economici dello Stato, nonchè di logico complemento alla lotta ai reati economico-finanziari imputabili alla criminalità organizzata.

Per i motivi ora illustrati si ritiene che solo l'opera di profondo, serio ed imparziale chiarimento che può discendere dal lavoro di una Commissione parlamentare d'inchiesta possa contribuire a recuperare la Guardia di finanza allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali.

 

TESTO

Art. 1.

(Finalità).

1. E' istituita una Commissione parlamentare di inchiesta sulla Guardia di finanza, di seguito denominata "Commissione", il cui scopo è di verificare la rispondenza delle attività svolte dalla Guardia di finanza rispetto ai suoi compiti istituzionali.

Art. 2.

(Composizione).

1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati nominati rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati in modo da garantire che tutti i gruppi costituiti in almeno un ramo del Parlamento siano rappresentati in proporzione alla loro consistenza numerica.

Art. 3.

(Compiti).

1. Prima dell'avvio dei lavori, la Commissione approva, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il regolamento interno comprensivo delle norme per le audizioni e le testimonianze.

2. La Commissione procede alle indagini ed agli esami con i poteri e le limitazioni che sono propri dell'autorità giudiziaria. Per l'espletamento delle proprie funzioni la Commissione ha facoltà di avvalersi dell'opera e della collaborazione di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria, nonchè di qualsiasi altro pubblico dipendente, di consulenti e di esperti.

3. La Commissione può acquisire atti relativi ad indagini svolte da altra autorità amministrativa e giudiziaria. Per gli accertamenti di propria competenza riguardanti fatti e persone oggetto di inchiesta giudiziaria in corso, la Commissione ha facoltà di richiedere all'autorità giudiziaria l'accesso ai relativi atti, documenti ed informazioni.

4. Le sedute della Commissione sono pubbliche, salvo che la Commissione medesima disponga diversamente. I componenti della Commissione, i funzionari, il personale di qualsiasi ordine e grado addetto alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda le deposizioni, gli atti e i documenti acquisiti nelle sedute dalle quali sia stato escluso il pubblico, ovvero dei quali la Commissione medesima abbia vietato la divulgazione.

5. La Commissione conclude i propri lavori entro nove mesi dalla data della sua costituzione. Al termine dei lavori, la Commissione presenta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati una relazione finale, sulla quale non è possibile porre il segreto.

Art. 4.

(Copertura finanziaria).

1. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati e per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica.


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