LA STAMPA WEB, PARLA IL FINANZIERE SOTTO ACCUSA: «SPIAVO DI NOTTE, PER NOIA.MI DIVERTIVA VEDERE LE POSIZIONI FISCALI DEI POTENTI»

mercoledì 01 novembre 2006

LA STAMPA DEL 31/10/2006, PAGINA 8

 

di Francesco Grignetti

 

ROMA. «Ma io sono un pesce piccolo, piccolissimo... E sono finito in un gioco troppo più grande di me». L’appuntato in divisa grigia ha paura. Dall’intendenza di Borgomanero, in provincia di Novara, d’un colpo è balzato all’attenzione dei grandi giornali. E’ lui, infatti, il piccolo appuntato, uno dei tre principali sospettati nell’inchiesta sullo spionaggio fiscale ai danni del premier. E prova a spiegare, a giustificarsi, a dire la sua. Lo fa a sera, dopo un intero pomeriggio trascorso nello studio di un avvocato. E parla, l’appuntato indagato, attraverso l’unica persona di cui si fida, un delegato del Cocer, il maresciallo Salvatore Trinx, molto noto tra i sottufficiali della Guardia di Finanza, che da sindacalista s’è messo dalla parte del personale «perché tutti hanno diritto a una giusta difesa e non mi piace che i processi siano fatti a priori».

Il giovane appuntato è scosso. Da tre giorni si trova nell’occhio del ciclone, ma smentisce seccamente di avere avuto reazioni esagerate nel momento in cui subiva la perquisizione. «Delle interrogazioni al computer - si sfoga - però è tutto vero. Le ho fatte. Ora non ricordo esattamente quante e quando. Però ne ho fatte diverse, su Prodi e su altri. Ora chiamatemi fesso, ma non pensavo di fare nulla di male. Neanche sapevo che sarebbe rimasta traccia nel computer della mia password. Lo facevo perché mi annoiavo...». Già, si annoiava. Ma la scena va raccontata, perché altrimenti la frase è incomprensibile. Il nostro appuntato è un giovane sottufficiale, arruolato nella Guardia di Finanza da una decina di anni. E’ il più giovane di una piccola caserma. E gli toccano i lavori più noiosi. Fa spesso da piantone, ad esempio. Cioè sta al portone e poi vigila di notte sulla caserma. E quando gli tocca la notte, gli lasciano una pila alta così di verbali da immettere nel computer. Capita. Anziché passare il tempo a guardare la televisione, meglio utilizzare questa forza lavoro in qualcosa di utile. Ma il nostro appuntato si annoiava. E così ha inventato un gioco nuovo: sbirciare dentro le banche dati per vedere le dichiarazioni dei redditi dei potenti.

«Sì, come ho detto, durante il lavoro di immissione dati qualche volta ho “cazzeggiato”. Sono regolarmente abilitato all’ingresso in banca dati e mi sono esercitato su qualche nome famoso. Ma questi dati non li ho mai stampati. Ho soltanto guardato sul monitor i numeri che scorrevano. E assolutamente non ne ho fatto alcun uso illecito. Lo giuro». Un gioco? Si può giocare su queste informazioni così sensibili? «Adesso leggo i giornali e sono stupefatto. Di più: sono amareggiato. Sono articoli fantasiosi. Ricostruzioni forse non disinteressate che partono dalla mia persona per gettare discredito sull’intera Guardia di Finanza». Gli articoli in questione gettavano qualche sospetto di collegamenti tra vicende diverse, ma che portano come denominatore comune lo spionaggio illecito: da Telecom agli investigatori privati che avevano avuto un ruolo nel Laziogate, a un certo colonnello della Finanza che è diventato responsabile del Centro Sismi di Milano, alla disinformazione operata dal Sismi, a quello strano ufficio gestito dall’agente segreto Pio Pompa. Un grumo niente affatto edificante. E tante di queste vicende, in un modo o nell’altro, passano per Novara. Sono ricostruzioni giornalistiche. Ma sono anche gli argomenti su cui si interrogano in tanti, adesso, dentro la Guardia di Finanza. E ovviamente hanno chiesto lumi all’appuntato. «Lo so anch’io che ora passerò i guai perché Borgomanero è in provincia di Novara. Ci mancava solo questa. Ma io, lo giuro, i due sottufficiali arrestati un anno fa perché si vendevano le interrogazioni alla banca dati non li conosco. Mai visti né sentiti. E vi posso garantire che io, quei dati, non li ho mai passati a nessuno. Tantomeno me li sono venduti. Non ho monetizzato. Erano interrogazioni che restavano così, sul monitor, per la mia curiosità. Nessuno li ha visti».

E l’idea di un Grande Complotto in condominio tra Finanza e Sismi per mettere nei guai il candidato premier? Già soltanto a parlarne, all’appuntato di Borgomanero, gli si drizzano i capelli. A sentirsi indicare, lui, come lo snodo attraverso cui passano i nuovi misteri d’Italia, non sa se riderne o piangerne. Ieri, articoli alla mano, è andato di corsa appunto dall’avvocato per farsi consigliare. Epperò non basta scuotere la testa per scrollarsi di dosso certi sospetti. L’idea che l’appuntato, approfittando di un computer a disposizione e di una caserma vuota, trascorreva le ore notturne per interrogare a piacimento le banche dati - e su quei nomi - non è così tranquillizzante.

Resta per l’appuntato l’ultima domanda, la più destabilizzante forse per il corpo, ma obbligatoria. Ha ricevuto ordini da qualcuno? Il viceministro Visco, come si ricorderà, non ha avuto parole elogiative per la «catena di comando». Quindi all’appuntato chiedono: c’è un superiore che ti ha incaricato di queste indagini o quantomeno incoraggiato? Copri qualcuno? «Nossignore. Nessun ordine dall’alto. E’ stata una mia iniziativa». Neppure ordini, diciamo così, obliqui? Magari arrivati da delicatissimi apparati dello Stato? «Ma figuriamoci. Sono il pesce più piccolo della Guardia di Finanza. E non conosco nessun agente segreto. Penso che come risposta sia sufficiente».

 

 


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