REPUBBLICA ONLINE: INCHIESTA A MILANO, 250 PERQUISIZIONI, 11 FINANZIERI INDAGATI. TREMONTI: E' SOLO GUARDONISMO

venerdì 27 ottobre 2006

“Fisco, Prodi e la moglie spiati.
controllati Napolitano e Berlusconi

(di Elsa Vinci e Cristina Zagara)

 

MILANO - Il presidente del Consiglio, quello della Repubblica, il capo dell'opposizione. Tutti spiati. Informazioni strettamente personali sono state trafugate da data-base informatici protetti: rapporti su case, eredità e patrimoni. Con Romano Prodi è stata spiata anche sua moglie Flavia. Dati rubati forse per semplice curiosità, o forse, rivenduti ad avversari politici, giornali, investigatori privati.

Passati ai raggi x anche i beni di Giorgio Napolitano. E secondo altre fonti nella lista ci sono anche i nomi di Silvio Berlusconi, Massimo D'Alema e Francesco Rutelli. Forse anche di Giulio Tremonti. L'onda lunga delle inchieste milanesi su spioni e spiati eccellenti non si arresta. Anzi questa volta punta in alto: nel mirino di indagini parallele e clandestine le più alte cariche dello Stato. Ma anche calciatori della nazionale campione del mondo, giocatori di Milan e Inter portati in trionfo a Berlino e nomi dello spettacolo: sicuri quelli di Alessandro Del Piero, di Francesco Totti e dell'ex velina di "Striscia la notizia" Giorgia Palmas.

Ieri il procuratore di Milano Francesco Prete ha dato l'ok a 250 perquisizioni in tutt'Italia. Centoventotto gli indagati. L'accusa è: violazione di sistemi informatici. Dopo i dossier illegali di Telecom e la bufera del Lazio-gate arriva una nuova conferma di un sistema diffuso di spionaggio politico, ad alto livello, ma anche nelle campagne elettorali locali. Ieri gli uomini dello Scico, centro di investigazioni sulla criminalità organizzata della Finanza di Roma, hanno bussato a casa di 128 "spioni", per lo più gente comune, impiegati dell'Agenzia delle Entrate, da Torino a Palermo.
Nel gruppo degli indagati anche undici Finanzieri, un dipendente del Demanio e un collega dell'ufficio delle Dogane. A casa e nei pc di alcuni indagati già trovate le cosiddette "strisciate": la prova inconfutabile dell'accesso ai terminali dell'Anagrafe tributaria.


L'inchiesta milanese nasce da una denuncia di Romano Prodi in persona, o meglio da un'indagine interna del ministero dell'Economia. Il 29 settembre scorso sul tavolo del pm Francesco Prete arriva un dossier del ministero con nomi e cognomi di presunti impiegati e finanzieri infedeli e con il rapporto su un anomalo picco di accessi nei vari sistemi per ottenere informazioni su Prodi e la moglie.

"È a rischio la privacy di ogni singolo cittadino italiano - si legge, nella denuncia semplificando il linguaggio ministeriale - c'è qualcuno che spia i patrimoni dei cittadini, tant'è che è capitato anche a me". Le incursioni informatiche, si collocano, tra il 21 e il 24 novembre 2005; un'altra punta si verifica il 22 gennaio 2006 e un terzo picco è stato registrato dal 30 marzo all'8 aprile di quest'anno, quando alcuni giornali dedicarono spazio a una donazione fatta da Prodi ai figli. Tutte, cioè, in piena campagna elettorale.

Il nucleo dell'inchiesta è lo "spionaggio politico". Il nome di Prodi è certo. È lui, tramite il ministero dell'Economia, a firmare la denuncia che ha dato il via all'indagine. E almeno una volta tutti gli indagati avrebbero interrogato illegalmente le banche dati economiche con la chiave: Prodi-Franzoni.

Tra i 128 perquisiti alcuni hanno posizioni assolutamente marginali, altri invece sono accusati di un abuso sistematico della consultazione illegale delle banche dati informatiche. In alcuni casi si parla di migliaia di accessi per controllare informazioni sul reddito, atti del registro tributario, partecipazioni societarie, atti di compravendita, capitali spostati all'estero.

L'inchiesta è firmata Milano per una scelta di opportunità, visto che i pm lombardi indagavano già sugli accessi abusivi ai sistemi informatici dell'Agenzia delle entrate per il caso dei dossier Telecom (tra gli indagati infatti ci sono due impiegati dell'Agenzia di Firenze) e perché l'inchiesta sarebbe "radicata in Lombardia" dicono gli investigatori. Ora la procura però mira a capire se c'erano dei committenti. A chi sono finite queste informazioni riservate e che uso ne sia stato fatto.

(27 ottobre 2006)

 

TREMONTI: IO REGISTA? È SOLO GUARDONISMO”

 

L'ex ministro dell'Economia respinge l'accusa di aver architettato lo «spionaggio fiscale» di cui Prodi è rimasto vittima

 

ROMA - L'ironia gli serve per respingere l'accusa di esser stato il regista dello «spionaggio fiscale» di cui Prodi è rimasto comunque vittima. Così Tremonti dice di esser stato anche lui spiato, e racconta quel che gli accadde nel '94, appena divenne ministro del primo governo Berlusconi: «Seppi di un impiegato che frugava tra i miei dati all'Anagrafe tributaria, e chiesi l'apertura di un provvedimento. Per tutta risposta, ricevetti una lettera della Cgil che prendeva le difese del guardone».

 

Perché di «guardonismo fiscale» si tratta, secondo l'ex titolare dell'Economia, allora come oggi: «I dati di Berlusconi e dei suoi familiari, per esempio, sono stati violati 800 volte per quanto mi risulta». Tremonti rivela che la curiosità di guardare dal buco della serratura del fisco, «curiosità certamente illegittima se non illegale», è assai diffusa negli uffici, «quando nelle ore di pausa tutti vedono tutto». Politicamente parlando di fenomeno bipartisan si tratterebbe, perché il «guardonismo» nei confronti del Cavaliere «è svolto da militanti della sinistra», mentre il «guardonismo» nei riguardi del Professore «è opera di pirla della destra».

 

Insomma, il vicepresidente della Camera è convinto che il Paese non sia dinanzi a un Watergate all'italiana: «Certo, se poi qualcuno ha la fissa dei complotti, non pensa ad altro. In fondo Prodi lo capisco, con gli alleati che si ritrova...». Ora dice di «attendere l'esito dell'inchiesta avviata dalla procura di Milano» e sottolinea che «i funzionari infedeli vanno puniti, anche penalmente se hanno venduto i dati di cui sono entrati in possesso». Ma a passare per spione non ci sta, «non si fa spionaggio politico da 128 posti diversi e attraverso 128 persone diverse: cioè usando 128 sconosciuti che peraltro hanno lasciato traccia del loro ingresso nel cervellone dell'Anagrafe tributaria». E per allontanare il sospetto, affida all'accusa dei dirigenti di centrosinistra una breve memoria difensiva: «Primo. Non c'era bisogno di fare delle violazioni per conoscere i dati su Prodi, visto che la sua situazione economica si poteva leggere sul sito dell'Unione europea. Secondo. Le operazioni immobiliari, come la donazione del premier ai figli, sono atti pubblici».

 

Ecco perché la tesi del «complotto» — a suo giudizio — non regge: «Se davvero qualcuno avesse avuto queste intenzioni, si sarebbe ingegnato con altri mezzi. Per esempio, utilizzando la Sogei — la società che gestisce la banca dati del fisco — e una persona di fiducia». Nessuna «operazione politica», quindi, ma «un caso di mala-amministrazione da sanzionare». È difficile tuttavia derubricare la vicenda a mero caso di voyeurismo tributario, visto che coinvolge l'attuale presidente del Consiglio, all'epoca dei fatti sfidante del Cavaliere alle elezioni. E più in generale, la faccenda — che arriva subito dopo gli scandali sulle intercettazioni telefoniche e sui pedinamenti — legittima nell'opinione pubblica più di una sensazione, quasi la certezza, di essere tutti sotto il dominio di un Grande Fratello.

 

«Il problema esiste — dice Tremonti —, ma assumerà dimensioni enormi quando verrà applicato il decreto legge varato dal governo, quando cioè anche i conti bancari dei cittadini entreranno nell'Anagrafe tributaria. Perché quelli sono i dati veramente sensibili, e a quel punto si ficcherà il naso nella vita quotidiana di ognuno di noi». La stoccata è rivolta all'ideatore del decreto, l'eterno rivale, il vice ministro dell'Economia Visco, che durante l'intervento di Tremonti nel dibattito alla Camera sul voto di fiducia, ostentatamente lascia l'Aula e si accomoda su un divano in Transatlantico.

 

E lì, mentre si succedono le dichiarazioni di sdegno dei leader della maggioranza, che puntano l'indice contro il passato governo, il dirigente di Forza Italia non si attarda a ragionare sul motivo che ha indotto Visco a presentare l'esposto alla magistratura milanese: «Non so se Prodi consideri la procura di Milano come una procura amica. Di sicuro Visco a Milano non è amato». Di sicuro Tremonti ritiene che l'affaire sia stato «montato dall'Unione», lo interpreta come «un'operazione mediatica organizzata dal portavoce del premier, Sircana, che dovendo difendere uno alla canna del gas, cioè Prodi, ha trovato il modo per non far parlare dei disastri del governo». Tremonti conosce Sircana da molti anni, «eravamo amici» gli disse tempo fa alla Buvette il braccio destro di Prodi, per marcare con un sorriso la contrapposizione politica. «Ora Sircana si sente come l'ex guru di Blair. Fa il Mandelson del Mortadella», ironizza l'ex ministro. Sarà, ma qualcuno Prodi l'ha spiato. «Io — si congeda — non ho spiato nessuno».

 

Francesco Verderami

27 ottobre 2006


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