RIFORMA LEGGE 382, CAMPANELLO D’ALLARME DAL COBAR TORINO E DAL COIR MILANO: “NO ALLE PROPOSTE MINIMALISTE PRESENTATE NELLE COMMISSIONI DIFESA”. PROPOSTO UN SONDAGGIO PER SAPERE COSA VUOLE IL POPOLO GDF

mercoledì 21 febbraio 2007

Pubblichiamo di seguito stralci delle delibere e del documento approvato all’unanimità dal Cobar della GDF del Piemonte e dal Coir dell’Italia nord-occidentale sul grave e non più procrastinabile problema della riforma del sistema di tutele per il personale militare.

Il documento, che è il risultato di un gruppo di lavoro del Cobar di Torino, fa un’analisi sullo stato di insoddisfazione e sulle delusioni patite in questi anni dal personale della Guardia di finanza. Delusioni che rischiano di essere riconfermate anche in questa legislatura, visto che la maggior parte delle proposte di legge presentate nelle Commissioni Difesa di Camera e Senato (comprese alcune di quelle presentate dallla maggioranza) vengono eufemisticamente definite “minimaliste” quanto a riconoscimento di diritti ai professionisti militari.

Si chiede, ad esempio, non soltanto la contrattazione e competenze chiare su questioni di grande impatto sulla vita dei singoli militari (trasferimenti, orari di lavoro, turnazioni, ecc.), ma anche strumenti efficaci che mettano i rappresentanti del personale nelle condizioni di poter contrattare in modo efficace e indipemdemte dai comandi e di poter controllare cosa avviene davvero sul territorio.

E' chiaro, infatti, che non avrebbero alcun senso conquiste come, ad esempio, quella del riconoscimento della PERSONALITA’ GIURIDICA ai nuovi organismi se poi si impedisce loro di dotarsi di strutture di elaborazione (sindacati o quanto meno associazioni professionali) autonome dalle amministrazioni.

Un rilevante significato politico è contenuto nelle delibere con le quali i due organismi hanno approvato il documento. E' stato chiesto, infatti, al Cocer “di farsi promotore per la realizzazione di un SONDAGGIO D’OPINIONI TRA TUTTI GLI APPARTENENTI ALLA GDF che rilevi “l’indirizzo da perseguire tra  una riforma dell’attuale sistema della Rappresentanza interna all’Istituzione, oppure la creazione del sindacato”.

Una concezione ben diversa da quella, tradizionale, emersa il mese scorso nell’audizione del Comandante genrale dei Carabinieri alla Commissione Difesa del Senato. In quell'occasione, infatti, il generale Siazzu ha affermato di aver "percepito", da tante discussioni, che la maggioranza dei carabinieri e dei componenti del Cocer non sarebbe favorevole al sindacato.

I delegati della Gdf ribattono che devono essere i lavoratori, e non i loro dirigenti, seppur di livello nazionale, a esprimersi su questioni esiziali che incidono sul loro futuro e sui loro diritti.

Giuseppe Fortuna

 

 

Guardia di Finanza

COMANDO REGIONALE PIEMONTE

Consiglio di Base di Rappresentanza

 

Gruppo di lavoro sulla Rappresentanza Militare

 

PROPOSTA PER UNA RIFORMA DELLA RAPPRESENTANZA MILITARE

 

Una svolta del sistema di rappresentanza è particolarmente sentita dai delegati di questo X mandato; l’elaborazione di un documento che possa essere da stimolo allo sviluppo di un dibattito che coinvolga a tutti i livelli la rappresentanza vuol essere la base, senza pretesa alcuna, al fine di addivenire ad una soluzione ai cronici problemi di rappresentatività che assillano la condizione del lavoratore in divisa, che possa essere ampiamente condivisa.

Il termine “condivisa” ci ricollega ad un impegnativo documento denominato “Per una rotta condivisa”, approvato nella riunione dei delegati di Villa Spada del IX mandato in data 31 marzo 2004, il quale, nonostante la quasi totale adesione dei delegati convenuti, non ha sortito, purtroppo, alcuna modifica all’attuale assetto della Rappresentanza militare, lasciando insoluti i problemi che quotidianamente affliggono i nostri rappresentati.

Proprio l’esito infruttuoso di tale generosa ma inattuata iniziativa, deve essere da monito affinché non vadano ulteriormente deluse le aspettative del personale e non trascorra inutilmente anche questo mandato della Rappresentanza militare senza che si pervenga ad una vera riforma della stessa.

In Parlamento sono all’esame delle Commissioni Difesa di Camera e Senato alcune proposte di legge che certo non vanno nella direzione, auspicabile, di dare pieni diritti al cittadino finanziere, uguali a tutti i lavoratori di questa Repubblica.

Considerate tali premesse, riteniamo che la Rappresentanza debba essere il più unita possibile affinché giunga ad una proposta che possa sortire presso l’organo politico i propri effetti ed annullare, di fatto, la linea minimalista intrapresa dalle Commissioni competenti.

La legge 11 luglio 1978, n. 382, certamente rivoluzionaria rispetto alle condizioni di allora, mostra oramai tutti i suoi limiti. Da almeno un decennio questa inadeguatezza è avvertita, ma le soluzioni prospettate sono state per lo più, contraddittorie nel migliore dei casi, se non addirittura regressive rispetto alla condizione giuridica esistente.

Già con la nota Sentenza del 1999, la Corte costituzionale, in merito alla legittimità costituzionale dell’articolo 8 della Legge n. 382 del 1978, aveva dichiarato non incostituzionale il divieto per i militari di costituire associazioni professionali o  indacali.

Tuttavia, la Consulta precisava nella sentenza come dovesse essere il legislatore a definire la disciplina associativa per i militari.

L’insoddisfazione degli appartenenti al Corpo verso questo istituto di rappresentanza è generale, avendo riscontrato che esso non garantisce una reale tutela del personale, sia dal punto di vista collettivo sia del singolo appartenente: infatti i meccanismi e le funzioni attribuite alla Rappresentanza militare non sono, a questo punto, adeguate ai progressi culturali, organizzativi e sociali che hanno investito anche (??) il Corpo.

A fronte di ciò il personale vive quotidianamente la rilevante differenza di condizione e di rappresentanza esterna che contraddistingue nel nostro Paese le FF.OO. ad ordinamento civile rispetto a quelle militarmente ordinate, come appunto la Guardia di Finanza.

Cittadini che svolgono il medesimo servizio di polizia, in molteplici circostanza anche in stretta collaborazione tra di loro, vivono diverse condizioni personali facendo tastare direttamente le conseguenze di due diversi sistemi di rappresentanza, che si ripercuotono negativamente, nella gran parte dei casi, sugli appartenenti al Corpo, con differenziazione di diritti, di tutela e di trattamento economico.

La Rappresentanza militare, così concepita, è un istituto che è ormai giunto al termine! Lo dimostra il fatto che negli ultimi anni si è assistito alla proliferazione di associazioni che a vario titolo si propongono di difendere gli interessi del personale, andando a colmare, di fatto, il vuoto che le carenze della Rappresentanza hanno  palesato proprio sul terreno per la quale era stata ideata, cioè la tutela del militare.

I tempi sono maturi per la svolta, per garantire ai Finanzieri di ogni ordine e grado i diritti fondamentali già di per sé sanciti dalla nostra Carta Costituzionale; diritti che in gran parte dei Paesi dell’Unione Europea sono già da tempo riconosciuti e salvaguardati dalle rispettive legislazioni.

La proposta di cambiamento deve andare nella direzione di garantire sostanzialmente la contrattazione e la difesa degli interessi collettivi ed individuali dei Finanzieri (tutela rispetto ai trasferimenti, organizzazione del lavoro, turnazioni, etc), come avviene già per i colleghi della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria in Italia, delle Forze Armate in genere in molti Paesi europei, senza che questo abbia scardinato l’organizzazione ed il funzionamento dell’apparato militare.

Si ritiene che siffatta proposta debba avere il più ampio consenso possibile, con una fattiva partecipazione di tutto il personale rappresentato che possa esprimersi  democraticamente sulla strada da percorrere per raggiungere l’obbiettivo della reale

tutela, nella direzione di una scelta che permetta la promozione della riforma dell’attuale sistema della rappresentanza interna all’istituzione, ovvero la richiesta del riconoscimento, per gli appartenenti al Corpo, della sindacalizzazione, così come già le istituzioni europee ed internazionali hanno indicato quale obbiettivo da raggiungere per gli Stati aderenti e non ancora realizzatosi in l’Italia.

 

 


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