REPUBBLICA ONLINE: “I VERTICI DI COSA NOSTRA AVEVANO PROGETTATO DI UCCIDERE GIUSEPPE LUMIA (DS)”. LA SOLIDARIETA' DI FICIESSE.

martedì 20 febbraio 2007

Riportiamo di seguito l’articolo apparso oggi sul sito internet del quotidiano Repubblica in merito alla notizia che Cosa nostra nel 2000 tentò di assassinare Giuseppe LUMIA, parlamentare DS , già presidente della Commissione antimafia.

 

Esprimiamo a Beppe Lumia, che è stato tra i fondatori della nostra associazione,  i sentimenti di vivi di  fraterna amicizia e solidarietà.

 

 

E PROVENZANO DISSE: "LUMIA SI PUÒ UCCIDERE"

 

Due arresti, un nuovo collaboratore di giustizia conferma le dichiarazioni di Giuffré

Nel mirino l'ex presidente dell'Antimafia. L'azione era stata progettata nel 2000. Tra le armi per l'attentato anche alcuni kalashinikov.

 

PALERMO - "Lumia si può uccidere". Una sentenza di morte nei confronti dell'ex presidente della Commissione antimafia, Giuseppe Lumia (Ds) era stata decretata nel 2000 dai vertici di Cosa nostra, con in testa Bernardo Provenzano. La conferma è giunta ora da un nuovo collaboratore di giustizia che ha così rafforzato le dichiarazioni del pentito Nino Giuffrè.

Il piano omicida non venne messo in atto perché Giuffrè aveva preso tempo, per timore delle conseguenze che sarebbero derivate dall'omicidio di un politico effettuato nel territorio in cui comandava il capomafia allora latitante. E' lo stesso Giuffrè che lo spiega ai pm durante un interrogatorio inserito agli atti dell'indagine che stamani ha portato all'esecuzione di due ordinanze di custodia nei confronti di Domenico Virga, 43 anni, capomafia di Gangi (Palermo), già detenuto, e Salvatore Fileccia, di 42, ritenuto uomo d'onore della famiglia mafiosa di "Palermo Villagrazia". I due collaboratori, per i quali la procura sta procedendo per queste accuse separatamente, sostengono che si erano procurati, attraverso Virga e Fileccia, una serie di armi, fra cui kalashinikov, che dovevano servire per uccidere il parlamentare. I fucili mitragliatori provenivano dagli agrigentini e ancora adesso, secondo i pentiti, sono nella disponibilità dei boss palermitani.

"Dopo che Provenzano aveva detto che Lumia si poteva uccidere - afferma Giuffrè - ho fatto con calma, siccome era un discorso, come sto dicendo mio, me ne hanno dato incarico a me personalmente e nel bene o nel male mi sono preso pure questa responsabilità di fare con calma, però in tutta onestà devo dire che ogni tanto mi si aggirava il discorso: piano, piano vediamo perché era anche necessario valutare il danno che facciamo, da vivo, da morto; perché se da morto deve fare più danno che da vivo, andiamoci piano, poi andiamo vedendo, andiamo valutando".

"Posso dire - afferma Giuffrè - che in un certo qual modo ho babbiato, (scherzato) questo non l'ho detto mai a nessuno, l'ho detto a me stesso e ho preso tempo, e adesso siamo qua".

I due provvedimenti di custodia cautelare sono stati sono firmati dal giudice Donatella Puleo, su richiesta del procuratore aggiunto Sergio Lari e del sostituto Michele Prestipino.

Le dichiarazioni del nuovo pentito sono state importanti per la Procura di Palermo. "La scintilla che mi ha spinto a collaborare - ha spiegato l'ex capomafia durante un interrogatorio - è scattata dopo aver ricevuto una lettera scritta da mia figlia mentre ero latitante. La bimba mi chiedeva quando sarei ritornato a casa e mi specificava che tutto sommato se 'i carabinieri morissero tutti in una volta tu puoi tornare a casa liberamente'; nel suo pensiero da piccola faceva questo ragionamento. La molla è scattata in quelle poche parole". Una scelta nata durante la latitanza e presa in comune accordo con la moglie: "Durante l'ultimo periodo di latitanza non mi andava più di fare questa vita, diciamo, di latitante. Parlando con i miei familiari, specialmente con mia moglie abbiamo deciso che era meglio collaborare. Così è finita la mia latitanza con una presentazione ai carabinieri, perché sono stati accompagnati da mia moglie nel luogo dove io abitavo in quel momento".

(20 febbraio 2007)


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