L’ESPRESSO, 18 GENNAIO 2007: “FIAMME GIALLE E POCO ROSSE. LE MANOVRE SUI CONTROLLORI. VISCO SILURA L'INVESTIGATORE DI MANI PULITE”

mercoledì 24 gennaio 2007

Riportiamo il servizio apparso su L’Espresso del 18 gennaio scorso. Ringraziamo Singris che ce lo ha segnalato dal forum di www.ficiesse.it.

L’ESPRESSO

18 GENNAIO 2007, pagine 55 e 56

“FIAMME GIALLE E POCO ROSSE”

(di Vittorio Malagutti e Leo Sisti)

Le manovre sui controllori. Visco silura l'investigatore di Mani pulite. Ed è ai ferri corti con il numero uno del Corpo. Che non riesce a rimuovere. Mentre al comando generale torna Pollari

C'è chi torna a casa, il Generalis­simo, e chi se ne deve andare, l'Incorruttibile. È una grande rentrée quella di Nicolò Pollari alla sede romana del Comando generale del Corpo in viale XXI Aprile. Certo, in posizione defilata: un paio di stanze uso ufficio, a disposizione per sbri­gare le sue faccende dopo avere lasciato il Sismi lo scorso novembre, in attesa di un "importante incarico speciale" a Palazzo Chigi. È invece un'uscita meno fragoro­sa, quasi sottotraccia. ma non per questo priva di significato, quella di Luigi Magi­stro, già direttore centrale Audit e Sicu­rezza dell'Agenzia delle entrate, spostato all' Accertamento, ma con il grado, meno nobile, di direttore aggiunto. In pratica un siluramento di chi, proveniente come colonnello dalla Finanza, aveva creato da zero un delicatissimo settore: un vero e proprio cane da guardia, organo di con­trollo interno che deve scovare i funzio­nari infedeli sensibili alle mazzette e, ov­viamente, segnalarli alle procure.

Che succede a via XX Settembre, sede del ministero dell'Economia, là dove siede il vice ministro diessino Vincenzo Visco? È lui ad avere il comando degli organismi più delicati degli ingranaggi fiscali. Però non regna come vorrebbe. Ad esempio, nelle Fiamme Gialle è costretto a fare i conti con Roberto Speciale, il comandante scelto nel 2003 dall'allora ministro Giulio Tremon­ti. I rapporti con il generale sono pessimi. Visco non vede l'ora che se ne vada, maga­ri entro sei mesi. Ma Speciale potrà farlo di sua volontà solo nel 2008, per raggiun­ti limiti di età. Prima del prossimo anno, quindi, può essere cacciato solo se la poli­tica, cioè il governo di Romano Prodi, de­creta la sua fine. Le chiacchiere sulla sua sostituzione continuano a correre. E anche i nomi dei possibili sostituti, come quello del generale Gianni Botondi. Chiacchiere e niente più.

Il conflitto tra il vi­ce ministro e il capo delle Fiamme Gial­le è esploso clamorosamente nella scorsa estate, quando, in pieno luglio, stavano per essere azzerati i vertici della Guardia di Finanza della Lom­bardia. Con un tratto di penna avrebbero dovuto essere trasferiti due generali, un co­lonnello e un tenente colonnello, "rei" di avere contribuito alle indagini sull'Unipol, la compagnia di assicurazione rossa, mes­sa sotto tiro dalla Procura di Milano. Vi­sco a suo tempo aveva smentito con forza legami tra quella decisione, a lui attribui­ta, e le partenze improvvise: “Un falso co­struito ad arte. Normale avvicendamen­to”. Tirandosi comunque addosso la seve­ra reprimenda di Francesco Cossiga: “Vi­ceministro inutile e dannoso, che voleva fare tabula rasa degli ufficiali della Guar­dia di Finanza”.

Si sa com'è andata: movimenti annulla­ti. Merito soprattutto del procuratore capo Manlio Minale, intervenuto subito sui massimi dirigenti del Corpo: era pre­occupato che uscissero di scena investi­gatori impegnati in inchieste difficili e delicate. Sconfitto, Visco ha dovuto fare marcia indietro.

Ma è con il generale Pollari che il vice di Tommaso Padoa-Schioppa ha dovuto ma­sticare più volte amaro. Suo disegno: elimi­nare i fedelissimi del numero uno del Sismi che, secondo lui, erano in posizioni di rilie­vo all'interno delle Fiamme Gialle. Poi, nei giorni terribili dell'estate 2006 è esploso il caso Abu Omar con le sue ripercussioni sul servizio segreto militare, sospettato di aver collaborato con la Cia nel sequestro del 2003 dell'imam egizia­no. Uno scandalo. Ma non era facile liquidare in modo indolore la spia più potente d'Italia che godeva, e gode an­cora, di solidi appoggi, come risulta dalla sti­ma che Nassimo D'Alema ha pubblica­mente manifestato nei suoi confronti.

E proprio nel caldo di luglio ecco l'ipotesi balzana: nominare Pollari comandante ge­nerale della Guardia di Finanza. Ipotesi ri­portata da "Repubblica" in un articolo de­dicato al viaggio del premier Romano Pro­di al G8 di San Pietroburgo. Ma con un problema: si sarebbe dovuta cambiare la norma che impedisce a un alto ufficiale del­le Fiamme Gialle di diventarne il coman­dante generale. Se questo piano fosse anda­to in porto, per Visco sarebbe stato davve­ro troppo.

Passata l'estate, il viceministro si è concen­trato sul nuovo organigramma dell'Agen­zia delle entrate (vedere scheda in questa pagina), da lui rivoluzionato lo scorso di­cembre. Ritorna come direttore generale Massimo Romano, già in quella poltrona nel 2001, poi sacrificato in nome dello "spoils system" inaugurato da Tremonti dopo la vittoria berlusconiana di sei anni fa. Della stessa logica, ma questa volta vi­sta da sinistra, è oggi vittima Luigi Magi­stro, dallo scorso dicembre non più respon­sabile di Audit e Sicurezza, ma direttore aggiunto dell’Accertamento, con un rango inferiore. Dall’Agenzia il commento ufficiale è il seguente: “Si trtta di un normale avvicendamento. Magistero non è stato silurato, ma nominato vicario di un settore che impegna molte risorse nella lotta all’evasione fiscale”. Che, come noto, per Visco è un obiettivo strategico.

La domanda è: come si spiega un simile provvedimento? Dal Ministero dell’Economia non arrivano altre spiegazioni. Solo voci riferiscono che Magistero sarebbe il capro espiatorio dell’indagine, partita proprio da un esposto di Visco alla Procura di Milano, sullo spionaggio fiscale contro Prodi, sua moglie Flavia, il presidente della Repubblica Giorgio Napoletano e altri personaggi delle istituzioni. Interroga­zioni abusive ai termi­nali dell'anagrafe tri­butaria fatte da parec­chie decine di dipen­denti dell'Agenzia delle entrate, come anche da alcuni uomi­ni delle Fiamme Gial­le, per curiosità o per altri motivi più mira­ti. La verità sarà ac­certata da un centinaio di procure di tut­ta Italia, dopo che il sostituto procurato­re milanese Francesco Prete ha girato la palla per competenza a tanti altri pm spar­si nella Penisola.

E con Magistro sono stati "avvicendati" anche altri suoi strettissimi collaboratori: il colonnello dei carabinieri Giuseppe Nucci e il maggiore della Finanza Ernesto Bruno. Tutti e due arrivati alla direzione Audit da meno di 18 mesi e tutti e due ancora lonta­ni dalla scadenza del loro contratto (più di tre anni). E allora? Si potrà ribattere che si­mili fatti avvengono a ogni cambio di go­verno. Così, oltre a Magistro, anche altri dirigenti dell'Agenzia sono stati falcidiati, come Antonio Iorio e Marco Cuccagna, di­rettori di nomina tremontiana. Lo stesso attuale superiore di Magistero all'Accertamento, Villiam Rossi, era stato rimpiazzato nel 2001 da un altro tremontiano.

Ma lo schiaffo per Magistro lascia il segno. Era stato assunto all’Agenzia da poco costituita all’inizio del 2001: primo ufficiale delle Fiamme Gialle ad andarci, grazie alla legge Bassanini, che consente anche a chi fa parte di corpi militari di accedere a posti nelle amministrazioni pubbliche civili. Ironia della sorte, era stato selezionato proprio da Massimo Romano, allora di­rettore dell'Agenzia delle entrate e poi fat­to fuori da Tremonti. A dicembre, con il ri­baltone nell' organigramma, Romano, fe­delissimo di Visco è tornato al posto di partenza.

Basta scorrere le cronache di Mani pulite per capire chi è Luigi Magistro, sopranno­minato l'Incorruttibile. Uno che si è  fatto odiare dai suoi ex colleghi della Guardia di Finanza che, presi con le mani nel sacco, so­no stati arrestati senza tanti complimenti. Uno che nel 1993 ha messo le manette ai polsi del banchiere italo-svizzero France­sco Pacini Battaglia con una procedura in­solita: una lettera consegnatagli personal­mente dal pm Gherardo Colombo con l'or­dine che l'aprisse solo lui, senza mostrarla al suo comandante, il colonnello Giuseppe Cerciello, poi condannato per tangenti. Ma già una decina di anni prima, nel 1984, all'allora giovane ufficiale Magi­stro era stata affidata la perquisizione dell'ufficio del giornalista Gianni Letta (a quei tempi direttore del quotidiano “Il Tempo”) nell'ambito dell'inchiesta sui fondi neri dell'Iri. E, ancora, nel curricu­lum del1'Incorruttibile compaiono inda­gini sui bei nomi della finanza criminale: crack del Banco Ambrosiano. Licio Gelli e la P2. E la primissima inchiesta sui fon­di neri Publitalia.

All’Audit, una direzione definita “il collettore d’immondizia”, Magistero non era amato, come non è amato chi è preposto a fare le pulci all’attività dei suoi compagni di lavoro. Avrebbe dovuto continuare il suo impegno fino alla fine del 2007. Possibile che il cane da guardia non serva più?

 

L’AGENZIA DEGLI ESATTORI

Fu Vincenzo Visco a varare nel 1999 la riforma del ministero delle Finanze. Obiettivo dichiarato del governo allora guidato da Massimo D’Alema era quello di recuperare efficienza, affidando a quattro diverse strutture le attività del Fisco. Da burocrati a manager. Questo lo slogan con cui i 55 mila dipendenti del dicastero vennero suddivisi tra le nuove Agenzie – Entrate, Territorio, Demanio e Dogane - che entrarono in attività dal gennaio del 2001. Ognuna venne dotata di autonomia operativa sulla base di una convenzione triennale stipulata con il ministero con cui vengono fissati i risultati da raggiungere di anno in anno. Era un modo, almeno nelle intenzioni, di dare un'impostazione più aziendale a un ente pubblico. Massimo Romano, già responsabile del dipartimento delle Entrate del ministero, venne messo a capo dell'omonima agenzia che ne ereditò i compiti. E cioè l'accertamento e la riscossione dei tributi affidata a un esercito di quasi 40 mila impiegati distribuiti su 19 direzioni regionali, due provinciali (Trento e Bolzano) e 386 uffici locali.


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