DA EROI A CONDANNABILI: LA MACCHIA DELLO STATO SUGLI UOMINI GIUSTI (da calabriainforma.it)

lunedì 27 marzo 2023

Dopo tre anni di indagini costate quasi mezzo milione di euro, per 4 finanzieri che salvarono la vita mettendo a repentaglio la propria, permane l'infamante accusa di naufragio colposo e cooperazione in omicidio colposo plurimo.

Nell’immediatezza degli eventi di settembre 2020 sentì, urgente, di intervenire anche Gioacchino Criaco dalle pagine de Il Riformista. L’autore, tra gli altri, di Anime Nere da cui si è tratto un film struggente, sentì il dovere di raccontare uno dei tanti nemici delle traversate della speranza che tentano di approdare nel mondo civile: lo scirocco secco che, come detto popolare insegna, è un vento maledetto che porta fuoco, graffi e malattie.

La vicenda è quella che hanno affrontato 4 finanzieri il 30 agosto del 2020 quando intervennero per una barca a vela (con il significativo nome di Heaven) che era alla fonda con l’ancora in mare. Secondo ingaggio da law enforcement, piuttosto che per salvare un gruppo di migranti a bordo la motovedetta si trovò di fronte uno dei tanti casi di difficoltà tra Isola Capo Rizzuto e San Leonardo di Cutro, che è anche uno dei tratti di costa più belli ed impervi della già stupenda sponda ionica che guarda la periferia più prossima, e non meno disgraziata, dall’evoluto occidente. Dopo interventi iniziali capitanati da terra, vi fu un’esplosione sulla Heaven: i finanzieri riuscirono a salvarne tanti della ventina a bordo, ma ne morirono 4. I finanzieri divennero, nell’immediatezza eroi, perché nonostante avessero seguito protocolli e direttive sempre più normate, soprattutto dal salvinismo in poi, riuscirono a salvare anche minori tuffandosi in mare e rischiando la propria vita. Ma subito dopo, non sapremo mai quanto per colpa di chi non sarà mai felice di approdi sulla “nostra terra”, qualcuno cominciò a chiedersi quanto potesse essere prevista una esplosione su di una caretta del mare, che aveva anche l’evidente torto di chiamarsi Heaven (Paradiso!) come la chimera cercata da tutti i migranti del Mediterraneo.

Criaco, infatti, sente urgentissimo cercare di proteggere gli uomini in divisa che non sono riusciti a salvare la vita a tutti: c’è l’immediata sensazione che questi eroi diventino subito di cartapesta, di giornali usi a innalzare e triturare con la medesima tecnica, quella della diatriba che funziona meglio come mangime per masse da distrarre. E quell’urgenza dello scrittore calabrese risulta subito essere giustificata; infatti nessun tentativo di buon senso impedì che i finanzieri, oltre al danno subito di vedere morire povera gente che non riuscirono a salvare, oltre a leccarsi ferite e rotture di arti, dovettero iniziare a vedersi protagonisti di un altro calvario: l’accusa di omicidio colposo plurimo e incendio colposo; vergognoso epilogo di un salvataggio di vite umane o azione penale obbligatoria? Sta di fatto che i quattro finanzieri della Sezione operativa navale di Crotone, due dei quali rimasti pure feriti, si sono messi totalmente al servizio di quello Stato che gli impone regole e contegno. Si affidano ai loro avvocati ed ad una serie di incidenti probatori ancora più complessi e minuziosi delle manovre attuate per salvare un gruppo di migranti su quella barca a vela che poi esplose provocando appunto la morte di quattro migranti che non riuscirono a sfuggire alle fiamme prima ed all’annegamento dopo. Teologi e psicoanalisti descrivono il Regno dei Cieli, o Paradiso che dir si voglia, non come un luogo, ma come una vera e propria esplosione del desiderio, qualcosa che, seppur capaci di risvegliarla più volte, dura inesorabilmente pochi minuti. Ma in pochi minuti può succedere di tutto ed il contrario di tutto: lunghissimi pochi minuti di emergenza, orrore e disperazione per una ventina di migranti a bordo di una barca a vela che esplode e lascia il mare aperto come unico approdo, laddove nessuno sapeva nuotare; piuttosto che pochi scialbi minuti per una sentenza di colpevolezza o innocenza condita di eroismo.

Si, perché sentenza ci dovrà essere, vista la notifica di conclusione indagini di qualche ora fa del Pubblico Ministero, dottor Pasquale Festa, che a quasi tre anni dall’evento, “consegna” agli avvocati difensori di quattro uomini dello Stato il compito di comunicargli che sono ufficialmente a processo. Con quali deduzioni? L’accusa è naufragio colposo e cooperazione in omicidio colposo plurimo per tutti e quattro: nei confronti del capitano Vincenzo Barbangelo, in qualità di comandante della Sezione operativa navale e coordinatore delle operazioni di polizia giudiziaria, anche se non era sul posto; così come per il maresciallo Andrea Novelli, comandante della motovedetta intervenuta al largo di Simeri Crichi che, nonostante il grado, si tuffò anche lui per salvare migranti ed il collega esausto e dolorante; ma anche per l’appuntato scelto Maurizio Giunta, che assunse il comando della “Heaven” e che con una gamba rotta su una barca in fiamme, si prodigò per lanciare quanta più gente possibile in acqua perché non sapendo nuotare avevano tutti inevitabile terrore; ed infine anche per il finanziere Giovanni Frisella, salito sulla “Heaven” con la qualifica di motorista che, nonostante un piede fratturato, afferrò un migrante che stava annegando. Tecniche di lettura giuridica del provvedimento dell’accusa, che individua per Barbangelo e Novelli anche l’aggravante di aver agito con la previsione dell’evento(?), sottintendono a pene asprissime ed a mancati ingaggi di procedure di soccorso internazionali; il Giunta ed il Frisella devono poi rispondere anche di non aver allontanato le taniche dalle fonti di accensione, seppur è stato chiarito come abbiano “osservato” a comandi specifici. Una serie, appunto, di incastri tecnici che non hanno saputo e voluto tenere conto dell’impossibilità, certificata dai periti del GIP a cui si sono rifatti quelli del PM, di individuare la causa dell’esplosione.

E se, fino ad ora, la giustizia non ha in alcun modo lesinato spese (dopo gli oltre trecento mila euro necessari per recuperare il relitto ed un fitto mensile di settemila euro per la sua custodia), ciò che balza evidente, ancor più che l’attenzione delle cronache nazionali, è che il porto di Catanzaro Lido non è mai stato preso in considerazione come rifugio in nessuna operazione di soccorso in mare o di polizia giudiziaria, né abbiamo notizia di una qualche maggiorata attrezzatura  per renderlo approdo adatto a questa tipologia di soccorsi; nulla di nuovo, insomma, rispetto all’ordinanza 10/2020 dell’Ufficio circondariale marittimo di Soverato che sanciva come Catanzaro Lido fosse un approdo “poco attrezzato e di problematica praticabilità”. Eppure assunto principale delle conclusioni del PM Festa parte dalla contestazione che i finanzieri comandanti avrebbero ordinato di proseguire la rotta “verso il più lontano porto di Crotone pur in assenza delle condizioni di sicurezza in ragione della presenza eccedente del numero di passeggeri e di taniche di carburante sottocoperta nonché della mancanza di dispositivi di protezione (cinture di salvataggio) per tutti i passeggeri pur potendo alternativamente dirigere l’imbarcazione verso il più vicino porto di Catanzaro Lido”. Quale sentenza potrà togliere una macchia così indelebile? E soprattutto, ma è così naturale che dopo tre anni di accuse, procedimenti, incontri ed incidenti probatori, questi quattro uomini in divisa, anzi questi quattro uomini giusti, abbiano a che attendere un vento diverso da quel maledetto scirocco secco dell’agosto del 2020?

 

 

Fonte: https://www.calabriainforma.it/cronaca/2023/02/22/da-eroi-a-condannabili-la-macchia-dello-stato-sugli-uomini-giusti/40958/#scrolling-phototarget

 

 

 

 

 


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