LA SOLA ATTIVITÀ DI COLTIVAZIONE DI OLIVE ANCHE SE CON PARTITA IVA NON INTEGRA DI PER SÉ UNA CONDOTTA INCOMPATIBILE E SUSCETTIBILE DI SANZIONE DISCIPLINARE. GDF CONDANNATA ALLE SPESE DI LITE (Tar Lazio)

venerdì 24 febbraio 2023

Sintesi

Espone il ricorrente – Maresciallo Capo della Guardia di Finanza in servizio presso la Compagnia di Bressanone – che, in data 3 novembre 2017, all’esito di attività di monitoraggio demandata dal Comando Provinciale alla Compagnia di Bressanone, preordinata alla verifica di eventuali condizioni di incompatibilità del personale in forza alla citata sezione operativa, si riscontrava in capo al medesimo la titolarità, dal marzo 2008, di partita IVA funzionale alla coltivazione dei frutti oleosi.

Pur a fronte delle osservazioni, con le quali il ricorrente rappresentava che l’apertura della partita I.V.A. non era stata finalizzata all’esercizio di attività commerciale e/o agricola, bensì a soddisfare l’esigenza personale della raccolta di olive su due terreni di proprietà, per poi procedere al conferimento e alla molitura delle stesse presso il frantoio locale e trarre da tale attività olio da destinare esclusivamente al fabbisogno familiare, nonché che in data 30 novembre 2015 era stata resa comunicazione all’allora Comandante della Compagnia, circa l’esistenza della suddetta partita IVA, veniva all’interessato irrogata la sanzione disciplinare di corpo della “consegna di gg 4”.

Ritiene il Collegio che, nella fattispecie all’esame, non ricorrano (o, quanto meno, non siano stati dimostrati) i presupposti per l’applicazione di sanzione disciplinare.

Deve, infatti, assumersi che la sola attività di coltivazione, ove preordinata ad esigenze di consumo meramente familiare, non integri, ex se, condotta incompatibile, in quanto tale suscettibile di essere assoggettata a misura sanzionatoria sotto il profilo disciplinare.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, lo accoglie.

Condanna le Amministrazioni intimate, in solido, al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di lite, complessivamente liquidate nella misura di € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori come per legge.

Sentenza

Pubblicato il 30/01/2023

N. 01640/2023 REG.PROV.COLL.

N. 11124/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11124 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato XXXXXXXXXXXXX

contro

- Ministero dell’Economia e delle Finanze;
- Comando Provinciale Guardia di Finanza di Bolzano;
in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12

per l'annullamento

- della determinazione prot. n. -OMISSIS-del 14 giugno 2018 (notificata in pari data) con la quale il Comando Provinciale di Bolzano ha rigettato il ricorso gerarchico volto a ad ottenere annullamento e/o la revoca del provvedimento del Comandante della Compagnia di Bressanone del 3 aprile 2018 con il quale è stata irrogata al Mar capo G. -OMISSIS-la sanzione disciplinare della consegna di giorni 4;

- di ogni atto presupposto connesso e/o conseguenziale e, in particolare, ove occorra:

- del provvedimento del Comandante della Compagnia di Bressanone del 3 aprile 2018 con il quale è stata irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare della consegna di giorni 4;

- della circolare n. 200000/109/4 del 20 giugno 2005 del Comando Generale della Guardia di Finanza avente ad oggetto “Disposizioni in materia di esercizio di attività private extra-professionali da parte del personale del corpo della Guardia di Finanza in servizio e di concessione delle relative autorizzazioni”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Guardia di Finanza - Comando Generale e del Ministero dell’Economia e Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 27 gennaio 2023 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Espone il ricorrente – Maresciallo Capo della Guardia di Finanza in servizio presso la Compagnia di Bressanone – che, in data 3 novembre 2017, all’esito di attività di monitoraggio demandata dal Comando Provinciale alla Compagnia di Bressanone, preordinata alla verifica di eventuali condizioni di incompatibilità del personale in forza alla citata sezione operativa, si riscontrava in capo al medesimo la titolarità, dal marzo 2008, di partita IVA n. -OMISSIS- funzionale alla coltivazione dei frutti oleosi.

Con determinazione dell’11 dicembre 2017, a firma del Comandante Regionale della Guardia di Finanza del Trentino Alto Adige, il ricorrente veniva invitato alla immediata cessazione della ritenuta condizione di incompatibilità, dandosi atto che tra queste, in aderenza alle previsioni di cui alla circolare interna n. 200000/109/4 del 20.06.2005, rientravano anche le attività di coltivatore diretto ed imprenditore agricolo da parte degli appartenenti al Corpo.

Chiusa, alla data del 27 dicembre 2017, la suindicata partita IVA, con nota del 5 febbraio 2018 il Comandante della Compagnia di Bressanone, premesso:

- da un lato, che la circolare interna n. 200000/109/4 del 20 giugno 2005 del Comando Generale della Guardia di Finanza all’art. 2.2. preclude agli appartenenti al corpo la possibilità di essere titolare di Partita IVA;

- dall’altro lato, che non risultavano agli atti comunicazioni riguardanti l’avvio dell’attività di olivicoltore;

contestava al sig. -OMISSIS-, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1370 C.O.M. il seguente addebito:

Ispettore in forza ad un Comando di Compagnia apriva una partita iva per l’attività di coltivazione dei frutti oleosi in contrasto con le disposizioni concernenti l’esercizio di attività private extraprofessionali da parte del personale del Corpo della Guardia di Finanza in servizio e di concessione delle relative autorizzazioni”.

Nella medesima nota si evidenziava come la menzionata condotta era ritenuta idonea ad integrare la violazione degli artt. 713 (“doveri attinenti al grado”) e 717 (“senso di responsabilità”) del testo Unico in materia di Ordinamento Militare.

Pur a fronte delle osservazioni, con le quali l’odierno ricorrente rappresentava che l’apertura della partita I.V.A. non era stata finalizzata all’esercizio di attività commerciale e/o agricola, bensì a soddisfare l’esigenza personale della raccolta di olive su due terreni di proprietà, per poi procedere al conferimento e alla molitura delle stesse presso il frantoio locale e trarre da tale attività olio da destinare esclusivamente al fabbisogno familiare, nonché che in data 30 novembre 2015 era stata resa comunicazione all’allora Comandante della Compagnia, circa l’esistenza della suddetta partita IVA, veniva all’interessato irrogata la sanzione disciplinare di corpo della “consegna di gg 4” con la seguente motivazione:

“Maresciallo Capo procedeva all’apertura di una partita I.V.A. – ora cessata – per esercizio di attività privata extraprofessionale da parte del personale del Corpo della Guardia di Finanza. La circostanza peraltro non veniva rappresentata alla superiore diretta gerarchica in occasione dei periodici monitoraggi finalizzati a conoscere eventuali situazioni di incompatibilità in capo agli appartenenti al Corpo, con ciò denotando scarso senso di responsabilità”.

2. A sostegno della proposta impugnativa, il ricorrente ha dedotto i seguenti argomenti di censura;

2.1) Eccesso di potere per illogicità dell’azione amministrativa. Carenza istruttoria. Violazione del principio del giusto procedimento. Violazione dell’art. 103 del T.U. n. 3 del 1957.

Sottolinea la parte che:

- se la formale conoscenza del fatto posto alla base del procedimento disciplinare avviato in capo al ricorrente è ricondotto alla data del 3 novembre 2017 (all’esito di una attività di monitoraggio disposta dal Comando provinciale della Compagnia di Bolzano volta alla verifica di eventuali condizioni di incompatibilità del personale in forza alla citata sezione operativa, che riscontrava in capo al Maresciallo Capo -OMISSIS-la titolarità dal marzo 2008 di partita IVA avente per oggetto “coltivazione di frutti oleosi”),

- solo con nota del Comandante della Compagnia di assegnazione del 5 febbraio 2018 si procedeva alla contestazione degli addebiti;

con riveniente violazione del principio di tempestività ed immediatezza dell’azione disciplinare ex art. 103, comma 2, del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3.

Soggiunge, inoltre, il ricorrente di aver comunicato in data 30 novembre 2015 all’allora Comandante Cap. -OMISSIS- di essere in possesso di una partita IVA dormiente, spiegando ragioni e circostanze alla base di tale condizione.

2.2) Eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto. Carenza istruttoria. Violazione degli artt. 53 del D.Lgs n. 165 del 2001, 60 del D.P.R. n. 3 del 1957, 894 del D.Lgs n. 66 del 2010.

Nell’osservare come l’avversata sanzione di corpo sia fondata sull’affermata violazione delle disposizioni concernenti l’esercizio di attività private extraprofessionali da parte del personale del Corpo, di cui alla circolare n. 200000/109/4 del 20 giugno 2005 del Comando generale – I reparto (le quali, al punto 2.2, prevedono espressamente il divieto di essere titolari di partita IVA escludendo l’esercizio di un’attività extra-professionale, rileva parte ricorrente come nell’anzidetta Circolare non sia rinvenibile valenza normativa, trattandosi di atto interno, integrante uno strumento che può essere utilizzato dall’Amministrazione per dettare parametri procedurali o direttive univoche.

In particolare, le norme primarie a cui la stessa Circolare fa rinvio (art. 60 del D.P.R. n. 3 del 1957; art. 35 del D.P.R. n. 335 del 1982; art. 894 C.O.M.) ricollegano la condizione di incompatibilità ad ipotesi di effettivo esercizio di attività extra-professionali e/o imprenditoriali; e non prevedono alcuna limitazione e/o pregiudizio legato al solo fatto di aprire una posizione di imposta (IVA).

Il regime di incompatibilità professionale (per cumulo di incarichi) è preordinato a scongiurare l’esercizio di attività ulteriori rispetto all’impiego; ovvero, di situazioni attive che possano in concreto incidere sulla inderogabile condizione di rilievo costituzionale rappresentata dalla esclusività della prestazione (espressione del più ampio dovere di fedeltà all’istituzione che si assume all’atto del giuramento).

Ne deriva che, nel valutare l’effettiva ricorrenza di una situazione di elusione del divieto di detenzione di partita I.V.A degli appartenenti al Corpo, è essenziale la verifica che a tale titolarità si accompagni l’esercizio di attività conseguenziale (imprenditoriale, artigianale) indicata dalla stessa circolare interna come incompatibile con l’obbligo di esclusività del rapporto, che impone al militare di dedicare interamente all’ufficio la propria attività lavorativa, senza alternative estranee al rapporto di servizio.

Malgrado l’assenza di elementi suscettibili di ricondurre al ricorrente l’effettivo esercizio, legato alla partita I.V.A., di attività rientranti tra quelle oggetto di assoluto divieto, l’Amministrazione ha omesso di condurre alcun supplemento istruttorio volto ad una verifica sostanziale della condizione di incompatibilità che il militare aveva, documentalmente, dimostrato non ricorrere.

2.3) Eccesso di potere per irragionevolezza dell’azione amministrativa sotto altro profilo. Carenza istruttoria

L’assenza di qualsiasi attività aziendale e/o imprenditoriale di ordine agricolo connessa all’apertura di partita I.V.A. intervenuta presso il luogo di residenza del militare, oltre a prefigurare una situazione non incompatibile con lo status rivestito dal ricorrente lo stesso, non necessitava di apposita comunicazione e/o autorizzazione ai fini delle attività extraprofessionali esercitate dal militare.

3. Conclude la parte per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti con esso avversati.

4. In data 7 dicembre 2018, l’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio con memoria, recante analitiche controdeduzioni alle argomentazioni esposte con l’atto introduttivo del giudizio.

5. L’istanza cautelare, dalla parte incidentalmente proposta, è stata respinta con ordinanza della Sezione II-Ter di questo Tribunale, n. -OMISSIS-del 4 dicembre 2019.

6. Il ricorso viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza di smaltimento del 27 gennaio 2023.

7. Va, in primo luogo, disattesa la censura con la quale parte ricorrente contesta la tardiva instaurazione del procedimento disciplinare, in violazione degli artt. 1354 e 1398 C.O.M.

Tale ultima disposizione prevede, infatti, che il procedimento disciplinare sia instaurato “senza ritardo”: con ciò ponendo un termine – evidentemente, ordinatorio – la cui violazione è insuscettibile di indurre qualsivoglia decadenza dal potere sanzionatorio attribuito dal citato art. 1354 C.O.M. all’Autorità militare.

L’imposizione di un simile termine risponde, infatti, allo scopo di sollecitare la ridetta autorità al fine di inoltrare l’atto di contestazione dell’addebito entro tempi ragionevoli, sì da consentire all’incolpato di esercitare agevolmente il proprio diritto di difesa.

Non risulta, nel caso di specie, che la ratio della norma sia stata frustrata, dovendosi ritenere che il tempo intercorso tra l’avvenuta conoscenza del fatto illecito da parte dell’autorità procedente e la comunicazione di avvio del procedimento (circa tre mesi) non abbia in alcun modo depotenziato la possibilità del ricorrente di addurre al procedimento elementi utili alla propria difesa, di fatto pienamente esercitata.

Il motivo è, dunque, destituito di fondamento.

8. Diversamente, incontra favorevole apprezzamento la censura con la quale la parte ha contestato la concludenza dell’addebito al medesimo mosso (apertura di partita IVA) al fine di argomentare la violazione delle prescrizioni di cui agli artt. 713 (doveri attinenti al grado) e 717 (senso di responsabilità) del Testo Unico delle disposizioni Regolamentari in materia di Ordinamento Militare.

Ciò, anche ove si consideri la portata applicativa della Circolare n. 200000/109/4 del 20 giugno 2005 (recante “Disposizioni in materia di esercizio di attività private extraprofessionali da parte del personale del Corpo della Guardia di Finanza in servizio e di concessione delle relative autorizzazioni”), il cui punto 2.2., lett. a), stabilisce che:

“Oltre ai divieti espressamente riportati nelle singole leggi di stato, di cui si è già detto, all’appartenente al Corpo in servizio è fatto anche divieto di … essere titolare di partita I.V.A. Infatti, si ritiene che la mera titolarità di partita I.V.A., come sancito nell’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972, sia inequivocabile manifestazione di intenzionalità, da parte di un soggetto, di intraprendere l’esercizio di un’impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, prevedendo quindi di devolvere ad essa le proprie energie psico-fisiche, in aperto contrasto con le richiamate Leggi di Stato”.

Ora, impregiudicata la portata delle indicazioni di cui alla Circolare anzidetta – se di natura meramente interpretativa, ovvero conformativa, rispetto all’applicazione di norme di rango primario – ritiene il Collegio che, nella fattispecie all’esame, non ricorrano (o, quanto meno, non siano stati dimostrati) i presupposti per l’applicazione di sanzione disciplinare.

La difesa erariale (cfr. memoria di costituzione, depositata in atti il 7 dicembre 2018) ha sostenuto che il Comando Generale del Corpo abbia “inteso cristallizzare, (interpretando la norma generale in maniera più stringente) al punto 2.2. lett. a. (Casi particolari) della richiamata circolare, dove quest’ultima impone all’appartenente alla Guardia di Finanza in servizio il divieto di essere titolare di partita I.V.A., così da evitare ogni possibile conflitto di interesse che possa, anche solo in astratto, compromettere lo status di militare, prescindendo dall’effettivo esercizio dell’attività extraprofessionale. Il dovere di esclusività della prestazione costituisce, ancor di più per gli appartenenti ad una forza di polizia ad ordinamento militare, espressione e manifestazione del più ampio dovere di fedeltà all’Istituzione assunto, tra l’altro, all’atto del giuramento”.

Orbene, la ratio della previsione dettata dall’anzidetta Circolare, in una interpretazione necessariamente orientata al rispetto di parametri:

- da un lato, di diretta promanazione costituzionale,

- dall’altro, relativi al particolare status che assiste la figura del militare, segnatamente con riferimento ai doveri di fedeltà che la caratterizzano (ai quali corrispondono le disposizioni in tema di incompatibilità),

risiede, con ogni evidenza, nella – condivisibile – esigenza di scongiurare lo svolgimento di attività, segnatamente a carattere imprenditoriale o altrimenti professionale, suscettibili di determinare indesiderate conseguenze (anche solo potenzialmente) decettive, rispetto al ruolo del militare stesso (ed all’esclusività prestazionale che ne caratterizza, ex ceteris, il proprium), nonché delle funzioni che il medesimo è chiamato ad adempiere.

Tale postulato non può, con ogni evidenza, essere utilmente evocato laddove all’apertura della partita IVA non abbia fatto seguito lo svolgimento di alcuna attività imprenditoriale o professionale, risultando la stessa preordinata, come dal ricorrente rappresentato, “al fine di poter conferire le olive, poterle macinare al frantoio, e ritirare l’olio per uso familiare, e mai, per porre in essere attività commerciali/agricole di qualsiasi tipo ...”.

L’art. 53 del D.Lgs n. 165 del 2001 dispone, per quanto di interesse, che “Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3”.

L’art. 60 del D.P.R. n. 3 del 1957 prevede, poi, che “l’impiegato non può esercitare il commercio, l'industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all'uopo intervenuta l'autorizzazione del Ministro competente”.

Quanto al personale militare, l’art. 894 del D.Lgs n. 66 del 2010 (Codice dell’Ordinamento Militare), dispone che “La professione di militare è incompatibile con l’esercizio di ogni altra professione, salvo i casi previsti da disposizioni speciali. È altresì incompatibile l’esercizio di un mestiere, di un’industria o di un commercio, la carica di amministratore, consigliere, sindaco o altra consimile, retribuita o non, in società costituite a fine di lucro”.

Se dalla lettura delle riportate disposizioni emerge che la situazione di incompatibilità accede – necessariamente – allo svolgimento di altra attività a titolo artigianale, commerciale, ovvero imprenditoriale, va escluso che, quanto alla sottoposta vicenda contenziosa, tale circostanza trovi conferma alcuna; né alcun accertamento, da parte dell’Amministrazione condotto ed acquisito al procedimento (conclusosi, poi, con l’irrogazione dell’avversata sanzione di corpo), consente di validare siffatta finalizzazione dell’attività di coltivazione di frutti oleosi da parte dell’odierno ricorrente.

9. Deve, conseguentemente, assumersi che:

- in difetto della mera rilevanza assunta dalla apertura della partita IVA, ove non accompagnata dallo svolgimento di attività artigianale, imprenditoriale, o, comunque, commerciale,

- ed in carenza di dimostrate evidenze comprovanti siffatta finalizzazione, con riveniente emersione di elementi (almeno) indizianti lo svolgimento, da parte del militare, di attività incompatibile con lo status dal medesimo rivestito,

la sola attività di coltivazione, ove preordinata ad esigenze di consumo meramente familiare, non integri, ex se, condotta incompatibile, in quanto tale suscettibile di essere assoggettata a misura sanzionatoria sotto il profilo disciplinare.

10. Né, ulteriormente, può fondatamente sostenersi che il ricorrente sia venuto meno all’assolvimento dei previsti obblighi informativi, nei confronti della scala gerarchica, circa l’intervenuta apertura della partita IVA per cui è controversia.

Se è ben vero che l’art. 748, comma 5, del Codice dell’Ordinamento Militare, prevede che “il militare deve … dare sollecita comunicazione al proprio comando o ente… degli eventi in cui è rimasto coinvolto e che possono avere riflessi sul servizio…”, va rilevato come il sig. -OMISSIS-abbia affermato di aver – ancorché oralmente – a tale obbligo, atteso che il giorno 30 novembre 2015, alle ore 22:00, ha notiziato l’organo superiore (Comandante della Compagnia pro tempore, -OMISSIS-) della circostanza di essere titolare di una partita IVA.

Nell’escludere che tale obbligo informativo debba incontrare necessario assolvimento scritto, come sostenuto dalla difesa erariale, deve rilevarsi come la procedente Autorità abbia omesso di acquisire documentati riscontri atti a confutare la veridicità di quanto dal ricorrente sostenuto; né, altrimenti, risultano essere stati condotti approfondimenti istruttori sul punto, eventualmente attingendo i necessari riscontri informativi da parte dell’Ufficiale nei confronti del quale il ricorrente ha reso l’informativa di cui sopra.

11. Le considerazioni sopra esposte persuadono il Collegio della fondatezza del proposto gravame; all’accoglimento del quale accede l’annullamento della gravata determinazione prot. n. -OMISSIS-del 14 giugno 2018, con la quale il Comando Provinciale di Bolzano ha rigettato il ricorso gerarchico volto a ad ottenere l’annullamento e/o la revoca del provvedimento del Comandante della Compagnia di Bressanone del 3 aprile 2018 con il quale è stata irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare della consegna di giorni 4.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla, nei termini di cui in motivazione, gli atti avversati.

Condanna le Amministrazioni intimate, in solido, al pagamento, in favore del ricorrente, sig. -OMISSIS-, delle spese di lite, complessivamente liquidate nella misura di € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori come per legge e refusione del contributo unificato, ove versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

C) Altri dati idonei a pregiudicare i diritti o la dignità della parte interessata

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente, Estensore

Giacinta Serlenga, Consigliere

Angelo Fanizza, Consigliere

 

   

 

   

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

   

Roberto Politi

   

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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