POLITICAL DIGITAL STRATEGY – BIG DATA E POLITICA 3.0 - di Daniele Caridi

giovedì 05 aprile 2018

Oggi più che mai la politica esalta l’attività relazionale di una società sempre più vocata all’informazione e alla comunicazione sempre più social. I meccanismi comunicativi della politica somigliano sempre più ai tecnicismi del marketing aziendale , ad una sorta di pubblicità comparativa che cerca di attrarre e rinnovare l’attenzione del cittadino-politico-elettore, così come l’azienda si propone di fare con mirate strategie di social marketing per attrarre i propri clienti o potenziali tali. Le aziende leader (Apple, ad esempio) produttrici di hardware della comunicazione, scandiscono i tempi dell’innovazione tecnologica proponendo, ad intervalli regolari di tempo, sempre nuovi smartphones che soppiantano e rendono obsoleti prodotti con non più di un anno di vita. Così, anche la politica, alla ricerca costante di consenso populistico, analogamente, cerca nuovi comunicatori che si propongano in modo sempre diverso. Al pari delle aziende si coniano slogan politici dalla ricercata originalità, attraverso un marketing politico adattato a nuove tecnologie, con strumenti di profilazione dell’elettore tipo, da coinvolgere, convincere e da utilizzare anche per la diffusione inconsapevole del messaggio propagandistico. Nella competizione politica la comunicazione è fondamentale e dev’essere idonea ad adattarsi repentinamente ad una società mutevole che si evolve nella comunicazione, a ritmi frenetici. In questo contesto lo strumento vincente è rappresentato dai BIG DATA che oltreoceano, già nel 2012, consegnavano ad Obama la vittoria per il secondo mandato. Nella pratica, potenti software utilizzati da evolute piattaforme, sfruttano la potenza dei social media. Il digital marketing, applicato alla politica, consente così, con l’analisi dei big data, una profilazione attenta e puntuale dell’elettore potenziale, intercettando attraverso bacheche facebook, twitter, instagram, le idee, i sogni e le delusioni politiche di ogni utente-elettore. Ne è esempio la campagna elettorale di Trump combattutasi in prima linea sulla trincea dei social più che sulle piazze. Il Movimento 5 stelle, il primo partito oggi in Italia, è sorto sulla rete, intercettando la disaffezione italiana per la politica attuale. Lo stesso web ha creato, da periferiche realtà politiche, cospicui consensi che hanno portato un Sindaco, Matteo Renzi, a diventare personaggio di rilievo della politica nazionale, passando prima attraverso la segretaria nazionale dell’allora primo partito d’Italia, fino ad arrivare alla poltrona politica più ambita di Presidente del Consiglio. Di contro e parimenti, sbagliare sul web risulta fatale e il risultato del referendum proposto dallo stesso Renzi, lo conferma. Il recente scandalo di Cambridge Analytica, azienda che ha offerto a Trump, per la sua corsa alla Casa Bianca, un’immensa mole di dati di circa 50 milioni di utenti facebook, suffraga la tesi del potere manipolatore del digital social marketing. Per tali motivi, i BIG DATA rappresentano la nuova fonte di ricchezza, l’oro digitale che tutti cercano di controllare e possedere. Emblematica è l’apertura, da parte di un’azienda produttrice di software antivirus, di un negozio(Data Dollar Store), nel cuore di Londra, che non accetta monete convenzionali, né tantomeno cripto valute ma richiede, come forma di pagamento, la cessione dei propri dati personali. Succede così, che le nostre passioni, i nostri gusti, i nostri movimenti, le nostre idee, insomma, le nostre vite viaggiano sul web, in un cyber spazio infinito a noi sconosciuto per le sue dimensioni ma di cui ne siamo spesso inconsapevolmente parte attiva. Con i Big data nasce il data scientist, un professionista dell’analisi dei dati che fotografa l’umanità dal web, individuando ogni uomo come un nodo, un anello di una catena infinita che crea una rete virtuale che avvolge il pianeta. In quest’ottica la società è rappresentata da un’interdipendenza sistemica tra nodi-individui che hanno la sola consapevolezza socratica di non sapere e di non conoscere né il dominio in cui si muovono né il luogo ultimo ove si perdono i loro pensieri.

Daniele Caridi. Membro del Centro di documentazione scientifica sull’ intelligence dell’Università della Calabria di Cosenza. 


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