RESPONSABILE DELLA PRIVACY NEI TRIBUNALI
Un responsabile della protezione dei dati anche nei tribunali e nelle procure. È quanto previsto dalla direttiva europea 2016/680, il cui recepimento (da attuarsi entro il 6 maggio 2018) è previsto dal disegno di legge di delegazione europea 2016, approvato in prima lettura ieri dal consiglio dei ministri. La direttiva 2016/680 fa parte del pacchetto privacy Ue composto anche dal Regolamento 2016/679, che manderà in soffitta buona parte del vigente codice della privacy. Un punto comune ai due provvedimenti è la designazione del responsabile della protezione dei dati, che ha caratteristiche specifiche per il settore giustizia. Secondo il regolamento Ue negli uffici giudiziari si dovrà designare un consulente per il controllo del rispetto a livello interno delle disposizioni sulla protezione dei dati (Rpd). I singoli stati, però, possono esentare dall’obbligo di nomina le autorità giurisdizionali e le altre autorità giudiziarie indipendenti quando esercitano le loro funzioni giurisdizionali. Il Rpd potrebbe essere un dipendente che abbia ricevuto una formazione specifica sulla normativa e la prassi in materia di protezione dei dati al fine di acquisire una conoscenza specialistica in questo settore. Il Rpd dovrà informare e consigliare in merito al rispetto degli obblighi in materia di protezione dei dati. Obblighi che hanno una particolare conformazione nel campo giudiziario, in cui la privacy è messa a confronto con la sicurezza pubblica e dei cittadini. Lo stesso regolamento attesta che la polizia e le altre autorità hanno un margine di manovra molto ampio, comprese attività quali operazioni di infiltrazione o videosorveglianza. Ma non senza limiti. Il principio da applicare è quello della proporzione: i fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica, devono essere previste dalla legge e devono essere una misura necessaria e proporzionata. Il ddl in esame aggiunge una speciale prescrizione al governo: prevedere per le violazioni delle disposizioni adottate a norma della direttiva l’applicazione della pena detentiva non inferiore nel minimo a mesi sei e non superiore nel massimo ad anni cinque.(Fonte: Italia Oggi)