TISCALI.IT: BONUS MULTE A ROMA: PIÙ NE FAI PIÙ AUMENTA LO STIPENDIO. L'ULTIMA IDEA DELLA RAGGI-TISCALI.IT: LICENZIARE PER MALATTIA? IN DUE CASI SI PUÒ
TISCALI.IT: BONUS MULTE A ROMA: PIÙ NE FAI PIÙ AUMENTA LO STIPENDIO. L'ULTIMA IDEA DELLA RAGGI
Già proposta tra grandi polemiche da Marino e poi dal commissario Tronca, la misura per fare cassa viene difesa con forza dalla sindaca a Cinquestelle
31 gennaio 2017
Più contravvenzioni firmi, più soldi vedi in busta paga. Più multe annoti sul blocchetto, più denaro ti entra in tasca a fine mese. E' l'idea rilanciata in queste ore dall'amministrazione comunale di Roma, guidata da Virginia Raggi, che vuole legare il salario accessorio dei vigili urbani alla produttività. Ma questa sarà calcolata sulle infrazioni rilevate, cioè sui soldi che i pizzardoni romani saranno capaci di portare nelle casse dell'ente. In sostanza, a pagare il salario aggiuntivo dei vigili saranno i cittadini romani. Ma solo quelli che non rispettano le regole, sia chiaro.
Un vecchio meccanismo
Il meccanismo fu ideato, in verità, dall'ex sindaco, Ignazio Marino. Anche lui, in questo modo, voleva prendere due piccioni con una fava. Do più soldi ai vigili e risano, in parte, le finanze comunali incentivando i caschi bianchi a multare a raffica. Il meccanismo, però, si è inceppato subito. La ragione era evidente: il rischio di innescare un circuito vizioso, una corsa alla puntigliosità, una guerra all'ultima multa, con un conflitto tra cittadini e vigili che poteva diventare troppo aspro. In fondo, il vigile - lo dice la parola stessa - deve vigilare, non solo sulle infrazioni già commesse e da punire ma anche su quelle che vanno scoraggiate prima che siano compiute. Agevolare il rispetto della legge più che attendere e poi punire il trasgressore.
Dinamica ghiotta
Ma la dinamica è troppo ghiotta e, tramontato Marino, un pensierino ce lo fa anche il commissario prefettizio Tronca. Anche a lui suggerirono di legare produttività a multe, facendo vedere il doppio beneficio: vigili che guadagnano di più, casse del Comune che incassano di più. Perfino durante la gestione commissariale, per sua natura non così sensibile al gradimento popolare, si è però pensato di non aprire un conflitto quotidiano tra vigili e trasgressori.
Multe in calo
Ora a riprovarci è la sindaca Raggi. Punto di partenza è il netto calo delle multe registrato nel 2016 rispetto al 2015. Due anni fa, infatti, a Roma si elevarono contravvenzioni per 2 milioni e mezzo di euro. Lo scorso anno, sono scese a un milione e 900mila euro. Un calo che si potrebbe immaginare legato a una maggiore disciplina di automobilisti e commercianti. Ma che, invece, stando a quanto sussurrato in Campidoglio, sarebbe connesso ad un calo motivazionale dei vigili urbani.
Maggiore incentivo
"Se leghiamo - si dice nell'amministrazione capitolina, secondo il quotidiano Il Messaggero - il salario accessore alle prestazioni effettivamente misurabili, otteniamo un maggiore incentivo a lavorare di più". In teoria, il discorso è corretto. Ma c'è un problema ed è che si ritiene di misurare la qualità della prestazione dei vigili solo sul tema della quantità delle multe elevate. Come se quel lavoro delicato e complesso si risolvesse unicamente nella direzione di sceriffate da strada: fischio, alt, contravvenzione. Mentre, come sa benissimo chi quel mestiere lo pratica, il vigile lavora molto e bene anche con il buon senso, con la persuasione: richiamare l'automobilista che si prepara a parcheggiare male, per impedire che lo faccia. Non necessariamente per multarlo. Anzi, la multa dovrebbe essere l'extrema ratio. Evitare i comportamenti prima che punirli.
Una trattativa complessa
Di questo si parlerà sicuramente nei prossimi giorni. L'amministrazione comunale dovrà aprire una trattativa complessa. Sono tante le sigle sindacali che rappresentano i vigili urbani romani. Un vero e proprio blocco di lavoratori che sa come farsi rispettare e che spesso ha chiesto e ottenuto tutto. Nel corpo dei caschi bianchi, c'è chi è d'accordo con la proposta. Ma anche chi storce il naso. Va bene il salario accessorio, che dati i bassi salari di base diventa un’indispensabile integrazione al reddito, ma con quale criterio dividerlo e assegnarlo?
Tutti i dipendenti
Il tema riguarda, ovviamente, tutti i 24mila dipendenti di Roma capitale, perchè se con i vigili puoi legare l'integrazione alle multe, con gli altri comunali come fai? Più certificati, più soldi? Come la misuri la produttività di un usciere o di un impiegato o di un geometra? Forse avendo il coraggio, per una volta, di giudicare la qualità, affidandosi a criteri oggettivi e a parametri di efficienza sul valore e non sui numeri. Ridurre le code, ridurre i tempi di attesa, ridurre l'assenteismo, migliorare l'accoglienza, assumersi ciascuno le proprie responsabilità. Ma questa sarebbe una rivoluzione, che costa - come si sa - dolore e fatica. (Tiscali.it)
TISCALI.IT: LICENZIARE PER MALATTIA? IN DUE CASI SI PUÒ
La prima causa è detta 'superamento del comporto'. La seconda, invece, è frutto della recente interpretazione dei giudici
30 gennaio 2017
Il dipendente malato non può essere licenziato. A stabilirlo è la legge, che prevede solo due casi nei quali è possibile attuare il licenziamento in caso di malattia: quando l'assenza supera la durata massima prevista dal contratto collettivo o se, benché l'assenza sia inferiore a tale limite, essa comporti un grave pregiudizio per l'organizzazione dell'azienda. La prima causa, ricorda il portale 'laleggepertutti.it', è detta 'superamento del comporto' e trova nella legge una previsione espressa; la seconda, invece, è frutto della recente interpretazione dei giudici.
'Superamento del comporto'
Il codice civile prevede che l'azienda debba conservare il posto di lavoro del dipendente in malattia, nei limiti del 'comporto', un periodo stabilito dalla legge, dai contratti collettivi o, in mancanza, dagli usi. Fondamentalmente, non si può licenziare il lavoratore malato a causa della sua malattia e dell'assenza protratta. Si può però licenziare il dipendente malato, anche durante il periodo in cui è a casa, per altre ragioni non legate alla malattia come ad esempio una crisi aziendale o la ristrutturazione interna (il cosiddetto licenziamento per giustificato motivo oggettivo) o ancora, una grave colpa da questi commessa (cosiddetto licenziamento disciplinare). Come nel caso del dipendente in malattia che non si fa puntualmente trovare a casa al momento delle visite fiscali del medico Inps.
L'infortunio sul lavoro
L'assenza per malattia può protrarsi per un periodo massimo che di norma è stabilito dai contratti collettivi. Superato tale termine è possibile il licenziamento. L'unico caso in cui al dipendente viene consentito di superare il periodo di comporto è quando la malattia si è verificata a causa del datore di lavoro, per non aver questi garantito un ambiente salubre e privo di rischi (infortunio sul lavoro, mancata predisposizione delle misure di sicurezza, ma anche uno scivolone dalle scale, un infarto a causa di una condotta mobbizzante, ecc.).
Come calcolare il 'comporto'
Per calcolare il 'comporto', ossia l'arco temporale superato il quale l'azienda può licenziare il dipendente, occorre fare riferimento all'anno di calendario o l'anno solare, in base a quanto previsto dai contratti collettivi. Per 'anno di calendario' si deve intendere il periodo di tempo compreso tra l'1 gennaio e il 31 dicembre di ogni anno, mentre per 'anno solare' si deve intendere un periodo di 365 giorni decorrenti dal primo episodio morboso, dall'inizio della malattia (se continuativa) o a ritroso dalla data di licenziamento.
La durata del comporto
La durata del comporto per gli impiegati è fissata dalla legge ed è di 3 mesi quando l'anzianità di servizio non supera i dieci anni, e di 6 mesi quando l'anzianità di servizio supera i dieci anni. Per gli operai, invece, la durata del periodo di comporto è stabilita dalla contrattazione collettiva. Il periodo di comporto può essere interrotto per effetto della richiesta del lavoratore di godere delle ferie maturate. La richiesta deve essere scritta, indicare il momento dal quale si intende convertire l'assenza per malattia in assenza per ferie ed essere tempestivamente presentata al datore di lavoro, prima che il periodo di comporto sia definitivamente scaduto e il datore di lavoro abbia diritto di recedere dal rapporto.
Scaduto il comporto, il datore può licenziare
Scaduto il comporto, il datore può licenziare il dipendente senza provare l'esistenza di una giusta causa o un giustificato motivo. Tuttavia, è vietato licenziare il dipendente per superamento del comporto se la sua malattia è stata provocata o aggravata dalla nocività insita nelle modalità di esercizio delle mansioni o comunque esistente nell'ambiente di lavoro. Recente giurisprudenza sta sostenendo la possibilità per l'azienda di licenziare il dipendente assente per malattia ancor prima del superamento del comporto, quando detta assenza provoca un grave danno all'organizzazione del lavoro.
Scarso rendimento
È quello che si definisce 'licenziamento per scarso rendimento'. Esistono già diversi precedenti in tal senso. In pratica, secondo la più recente giurisprudenza, tutte le volte in cui la presenza sporadica del lavoratore finisce per danneggiare i meccanismi produttivi e le catene di montaggio, costringendo l'azienda a bloccarsi o, per evitare ciò, ad assumere un sostituto, è possibile il licenziamento di chi non ha ancora esaurito tutti i giorni del comporto.
Licenziamento del malato cronico
Ma attenzione, il licenziamento del malato cronico, di chi, cioè, presta servizio a singhiozzo, fra lunghe assenze e brevi ritorni, è lecito solo quando questi rende un'attività esigua per quantità e qualità e dunque non utilizzabile dall'azienda. In tal caso il licenziamento è legittimo. Quando le reiterate assenze per malattia determinano uno scarso rendimento viene violato l'obbligo della diligente collaborazione a cui il lavoratore si obbliga. (tiscali.it)